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Madia: nella nuova PA più poteri al premier. Il blocco degli stipendi? Un’ingiustizia

Non sono ancora nette, ma cominciano ad intravedersi le linee guida del disegno di legge delega per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche approvato il 10 luglio dal Consiglio dei ministri: a detta del ministro della P.A. Marianna Madia si tratterà di ”una rivoluzione copernicana”, con una PA finalmente più ”moderna”, snella e tecnologica, meno frammentata e caotica. Nelle intenzioni del Governo c’è poi il ruolo ”rafforzato” di Palazzo Chigi, che fungerà da punto cardine tra i diversi ministeri, con potere di ultima parola in caso di divergenze. Rispetto a quanto già emerso nel primo passaggio in Cdm il mese scorso, una delle novità è di certo il potenziamento dei compiti in capo alla presidenza del Consiglio, che avrà un ruolo potenziato ”nel coordinamento delle politiche pubbliche, perché un governo non è un insieme di ministeri”. Soprattutto, spiega Madia, in caso di posizioni inconciliabili tra due amministrazioni, ”è la presidenza del Consiglio a decidere come deve essere scritto il provvedimento”. Ecco che un ufficio non si potrà più mettere d’intralcio, impendo la soluzione di una pratica o lo svolgimento di un servizio per il cittadino. Insomma, taglia corto il ministro, ”un’amministrazione non potrà più bloccare un’altra”.

Nella delega inoltre tutta la parte dedicata alla digitalizzazione della P.A. è stata rafforzata: ci sarà ”la possibilità di accedere a tutte le informazioni che ci riguardano da un pc, con un nostro Pin – pienamente funzionante dal 2015 – e di potere ricevere tutto ciò che si può al domicilio telematico o di residenza”, sottolinea Madia, evidenziando come sia proprio questa la priorità, il fronte “su cui vogliamo investire di più”. D’altra le risorse da destinare al digitale rientrano nel dibattito europeo sulla flessibilità, ricorda il ministro. Anzi con il superamento della carta si dovrebbero ottenere anche risparmi, ma comunque, tiene a precisare il ministro, “l’impostazione non è di spending review: non siamo partiti dai risparmi”. Quanto all’Agenzia digitale il ministro assicura che “la squadra sarà completata a breve”, con ”uomini e donne d’acciaio” a cui spetta un compito difficile ma fondamentale.

La parte sulla dirigenza sembra ormai consolidata, con la conferma del ruolo unico, gli incarichi a termine, e la licenziabilità: dalla riforma uscirà così un nuovo manager pubblico che sarà ”dirigente della Repubblica italiana, dello Stato” e non di un ministero. Viene anche ribadita la stretta, con la riduzione del peso numerico che ha oggi la dirigenza rispetto al resto del personale. Ora c’è l’iter parlamentare, ma Madia fa subito sapere che l’esame inizierà dopo l’estate.

La conferenza stampa di Madia, organizzata il giorno dopo l’approvazione del decreto, è stata anche l’occasione per alcuni chiarimenti, a cominciare dal blocco della contrattazione che dal 2009 tiene ferme le retribuzioni dei dipendenti pubblici: ”penso’ sia ”un’ingiustizia, ma in questa crisi ne stiamo vedendo tante”. La soluzione quindi non starebbe tanto nella riapertura di un tavolo con i sindacati, ma nel rilancio dell’economia del Paese.

Una precisazione che non è piaciuta ai sindacati. “Se veramente il ministro Madia pensa che il blocco della contrattazione per il pubblico impiego ‘sia un’ingiustizia’, apra subito il tavolo delle trattative per dare quei 1.200 euro l’anno che gli stipendi fermi dal 2010 e il galoppare dell’inflazione hanno sottratto ai dipendenti della Scuola dal 2010”, ha non a caso Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. “Nella riforma sarebbe bastato adottare – ha detto ancora il sindacalista Anief-Confedir – gli articoli 5 e 6 della Carta Sociale Europea, che oltretutto secondo gli accordi di Lisbona non sono di certo facoltativi, ma vincolanti per tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. Solo nella scuola, il via libera al turn over per tutti coloro che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio e la messa a disposizione dei posti vacanti permetterebbe l’assunzione dei 100mila precari, a fronte degli oltre 140mila attuali”.

Solo la Confedir ha presentato una sessantina di emendamenti al decreto di riforma. E tante richieste di modifica sono arrivate pure dal versante politico: “abbiamo depositato un pacchetto di proposte emendative che esprimono la posizione del gruppo Forza Italia”, hanno detto gli onorevoli Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, e Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia e presidente della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio. Secondo i due esponenti azzurri “la tanto annunciata riforma della pubblica amministrazione contenuta nel testo governativo è in realtà un insieme scomposto di norme disomogenee, non organiche né coerenti, visto che evidenziano innanzitutto una netta disparità di trattamento tra le amministrazioni centrali e quelle periferiche, allargando le maglie delle assunzioni indiscriminate, anche a prescindere dal titolo di studio, ma solo a livello locale”.

Contrariata si è detta anche la Flc-Cgil: “dopo un mese e due consigli dei ministri, per cercare di capire cosa ci sia nella riforma, bisogna ancora affidarsi alle conferenze stampa e alle indiscrezioni?”, ha tenuto a dire Rossana Dettori, segretaria generale della Fp Cgil nazionale. “Possibile – ha polemizzato Dettori – che il Governo della velocità e del cambiamento a tutti i costi non sia stato ancora in grado o abbia deciso di rendere pubblico alcun testo? L’impressione è che si proceda per blitz pur di non dare il tempo di esprimere pareri qualificati”.
“Dato ormai quasi per assodato che con questo Governo non può esserci un confronto vero, anche se continueremo a ricercarlo per senso di responsabilità – continua Dettori – è quantomeno paradossale che il dibattito pubblico non si possa nemmeno basare su un testo”.
“La cosiddetta Riforma della Pa proposta da Renzi e Madia produrrà quindi altri decreti che si sommeranno agli oltre 750 in attesa di essere varati, in alcuni casi da anni. Ma non è dato sapere quale sia il contenuto del disegno di legge. Bisogna fidarsi delle slide mostrare in conferenza stampa e – ha concluso la sindacalista Fp Cgil- della bontà delle promesse. Un visione striminzita della democrazia”.

Alessandro Giuliani

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