Esce per l’editore Dialoghi, “Madre incompiuta”, 16,00 €, esordio letterario della giornalista Maria Ausilia Boemi che affronta in questo romanzo argomenti assai delicati, quella della maternità indesiderata, dello stupro, delle adozioni e dunque dei relativi abbandoni. Ma è pure questo romanzo una occasione per l’autrice di fare il punto, secondo la sua sensibilità di donna e di professionista dell’informazione, della realtà italiana fin circa alla metà degli anni Sessanta quando era ancora consentito dalla Legge il cosiddetto “delitto d’onore” e quando gli stupri e le violenze sulle donne erano colpe cercate dalle femmine, incapaci di gestire il loro corpo e subdolamente ammaliatrici.
Uno scorcio sociologico importante per capire la trama del libro e la vicenda in esso narrata che scatta appunto quando Maria scopre di essere la figlia di una nobildonna che, per conservare l’onore che sta per perdere a causa di una violenza, cede la figlia che viene adottata da una famiglia di onesti lavoratori che l’alleva secondo i principi di quello che sarà ben presto il grande movimento politico del “68. Laureata in medicina e specializzata in cardiochirurga, la ragazza crede di vivere la sua vita secondo i dettami più comuni avuti dalla sua educazione che però, quando viene messa a conoscenza della sua reale nascita, confessata dalla madre adottiva in punto di morte, deve mettere in discussione e soprattutto riconsiderare nel momento in cui va a conoscere la vera madre, una contessa che l’età e lo scorrere della sua esistenza tormentata, per tutto ciò che ha dovuto subire, hanno mutato profondamente.
E qui, dentro questo incontro voluto da entrambe le donne, la mamma nobildonna e la figlia di estrazione proletaria, si sviluppa la narrazione coi toni lirici che con ogni probabilità solo una scrittrice dona riesce a capire e descrivere, considerata la delicatezza degli argomenti, le indiscrezioni dell’amore materno, i sussulti di una giovane donna lacerata fra i sentimenti dentro cui ha vissuto e i nuovi che la avvincono con sempre più veemenza alla nuova relata filiale.
Libro introspettivo per certi versi, che ci ha richiamato Paul Bourget col suo romanzo di analisi psicologica e di formazione dove convergono questioni di importante rilevanza di ordine storico, sociale, morale e perfino politico.
Un dramma interiore che però ha un suo atteso sviluppo nel rapporto che lentamente si instaura fra le due, fra madre e figlia, separate dalla ipocrisia e oggi insieme unite dal ritrovato affetto e dunque dal rinnovato linguaggio in cui si insinua persino il termine stesso, nella sua accezione latina come confine e come inizio, mamma.
Maria Ausilia Boemi, che adopera una scrittura limpida e veloce, supportata da un periodare efficace ma profondo per scavare negli animi delle sue protagoniste, ha dimostrato, con questa sua prima esperienza letteraria (lei che comunque con la redazione dei giornali ha lunga e apprezzata esperienza), di sapersi districare anche nel campo della narrativa di lungo respiro, mentre l’ambientazione nella sua Sicilia dà respiro e facilità ai suoi personaggi di esprimere la loro più intima personalità.
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