Quando si denuncia un cittadino occorre avere delle prove, possibilmente schiaccianti: in presenza di testimonianze “deboli” e contraddittorie, allora è meglio evitare. Lo stesso vale per gli insegnanti. È questa la morale di una denuncia presentata circa cinque anni fa dai genitori di un alunno di Avellino, convinti che una delle maestre del figlio lo avesse offeso e schiaffeggiato: il giudice del Tribunale irpinio, dopo aver verificato i fatti e ascoltato i testimoni, è giunto alla conclusione che non vi sono gli elementi certi per ricostruire l’episodio, quindi la docente non è condannabile.
La maestra, secondo i genitori dell’alunno, avrebbe prima offeso l’allievo davanti ai compagni di classe, utilizzando frasi come “sei una lumaca”, per poi colpirlo con uno schiaffo.
Di lì a qualche giorno, i genitori hanno presentato formale denuncia.
“Durante il processo, però – scrive Adnkronos – non sono emerse prove schiaccianti nè i testimoni ascoltati hanno contribuito a ricostruire con esattezza quanto accaduto. La maestra è stata dunque assolta, mentre la Procura di Avellino aveva chiesto una condanna a sei mesi”.
Evidentemente, il racconto di un solo alunno, peraltro in tenera età, con altri che danno versione diverse, non basta a condannare il docente.
Qualora, invece, le accuse fossero state confermate, la maestra non se la sarebbe di certo cavata.
Di recente, infatti, la Corte di Cassazione ha prodotto una sentenza (la n.45736, clicca qui) nella quale spiega che la violenza fisica e morale nei confronti di uno studente di scuola media di primo grado, anche se scopi educativi, si configura il reato di abuso di mezzi di correzione.
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