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Maestra di Oristano sospesa per aver fatto recitare le preghiere: clamoroso errore dell’USR Sardegna o racconto molto parziale dell’insegnante?

Sulla vicenda della maestra di Oristano sospesa dal servizio per 20 giorni per aver fatto recitare due preghiere ai suoi alunni di una terza classe primaria (questa la sua versione dei fatti) stanno emergendo alcuni particolari importanti.
In questi giorni diversi organi di stampa hanno provato a ricostruire la vicenda riportando anche dichiarazioni di sindacalisti, opinionisti ed esponenti politici (è intervenuto persino Matteo Salvini, mentre Rossano Sasso e altri hanno preannunciato una interrogazione parlamentare).
La maestra ha fornito la sua versione ad alcune testate nazionali.
Sui social si sta assistendo ad un vero e proprio scontro fra innocentisti e colpevolisti: da un lato i difensori della laicità della scuola sostengono che “recitare le preghiere” rappresenta di fatto un “atto di culto”; dall’altro c’è però chi osserva che “due preghiere non hanno mai fatto male a nessuno” e che comunque “i problemi della scuola sono ben altri”.

Nella giornata odierna arriva anche una intervista alla maestra pubblicata dal quotidiano “Avvenire” ed è proprio in questo servizio che emergono dati un po’ strani.
La maestra ribadisce che i fatti contestati risalgono a pochi giorni prima di Natale quando lei aveva fatto confezionare ai bambini un piccolo braccialetto-rosario concludendo l’attività con una preghiera. Un paio di famiglie avevano protestato, ma c’era stato un chiarimento e lei si era persino scusata con i genitori.

E qui arriva la notizia “strana”: “Per me la cosa era finita lì. Poi il preside mi ha messo in mano una lettera, due settimane fa. Non l’ho nemmeno aperta subito, visto che non mi ha detto nulla nemmeno consegnandomela. Poi a sera, a casa, la sorpresa. Quando ho letto quello che c’era scritto mi è caduto il mondo addosso”.
In altre parole, stando al racconto della maestra, dopo l’episodio delle preghiere in classe e delle relative scuse e fino a 15 giorni fa non sarebbe accaduto nulla; la sanzione, firmata dal direttore regionale della Sardegna, le sarebbe stata consegnata in busta chiusa 15 giorni fa.

Le stranezze sono almeno tre: intanto quando ad un dipendente viene consegnato un provvedimento sanzionatorio è prassi che al dipendente stesso venga chiesta una “firma per ricevuta”, da apporre, in genere, su una copia del provvedimento che viene conservata agli atti come prova della consegna stessa.
In un servizio pubblicato dall’Unione Sarda il 6 aprile risulta però che la sanzione era stata notifica alla maestra il 2 marzo che però in quel momento si trovava in posizione di congedo; la sanzione stessa sarebbe diventata operativa al momento del rientro in servizio.
Ma queste, tutto sommato, sono le stranezze minori.

Il dato che però sembra molto poco credibile è che da gennaio a metà marzo non sia accaduto nulla e che la notifica della sanzione sia arrivata come un fulmine a ciel sereno.
Non c’è bisogno di essere grandi esperti di diritto amministrativo per sapere che la sanzione deve essere sempre preceduta da alcuni atti assolutamente obbligatori, tra cui la contestazione degli addebiti e l’audizione a difesa
La contestazione va fatta entro 30 giorni dall’accaduto mentre per l’audizione il dipendente incolpato deve essere informato almeno 20 giorni prima. All’audizione il dipendente può presentarsi accompagnato da un rappresentante sindacale o da un legale di fiducia.

Su questa parte la maestra non dice nulla ma è difficile pensare che l’USR l’abbia “saltata”.
Perché, se davvero la sanzione fosse arrivata senza nessun preavviso, l’intero procedimento sarebbe insanabilmente nullo e la maestra non avrebbe difficoltà ad avere ragione davanti al Giudice del Lavoro.
Ma risulta difficile pensare che l’USR Sardegna abbia potuto commettere un errore tanto banale e clamoroso.

Reginaldo Palermo

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