Si profila un doppio provvedimento per la maestra Lavinia Flavia Cassaro, l’insegnante di scuola primaria indagata per avere insultato le forze di polizia (“Vigliacchi, mi fate schifo. Dovete morire. Senza manganelli, quando volete, fascisti”), durante un corteo antifascista, contro CasaPound, svolto Torino lo scorso 22 febbraio: all’ipotesi, quasi immediata, di avvio di procedimento disciplinare, che potrebbe sfociare nel licenziamento, si è aggiunta la richiesta di misura restrittiva formulata il 4 aprile dalla procura di Torino.
Si sta quindi verificando quanto avevamo preventivato, preannunciando che la donna sarebbe stata probabilmente “sottoposta ad un procedimento disciplinare e a delle sanzioni. Le quali, in casi gravi come questo, potrebbero portare anche al licenziamento. Infine, non è da escludere che per approfondire la posizione della donna, venga anche avviata un’indagine parallela da parte della procura”. E così è andata.
La notizia – scrive l’agenzia Ansa – è trapelata dal tribunale del capoluogo piemontese: la richiesta, infatti, era stata respinta da un giudice, e i pubblici ministeri hanno presentato un appello al riesame, che ha fissato un’udienza per la discussione del provvedimento.
Il provvedimento, quindi, rientra nella procedura di carattere penale che è stata avviata a seguito dei fatti accaduti a fine febbraio. Non si tratta, comunque, di un ordine di custodia cautelare in carcere. In procura era stato aperto un fascicolo per istigazione a delinquere, minacce e oltraggio a pubblico ufficiale.
Un discorso a parte, merita invece il procedimento disciplinare. Come già ravvisato, un docente, infatti, non può assumere comportamenti incompatibili con la sua funzione primaria di educatore, prima ancora che di insegnante. Anche al di fuori della scuola.
Tra i vari precedenti, avevamo ricordato quanto accaduto un anno e mezzo fa, quando una professoressa di inglese del liceo Marco Polo di Venezia si era lasciata andare a delle frasi pesantissime, ‘postate’ su Facebook, contro i migranti: “bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani tanto sono tutti futuri delinquenti” e “speriamo che affoghino tutti… che non se ne salvi nessuno“, aveva scritto la docente. Qualche mese dopo, la donna patteggiò, tramite il suo legale, il passaggio al profilo di Ata per non rischiare di perdere il posto di lavoro.
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