Francesco, sei anni compiuti da poco, saluta la mamma con gli occhi lucidi.
“Mamma ho paura”.
La mamma lo bacia e lo stringe forte a sé.“Tesoro non ti preoccupare, andrà tutto bene”.
Lui varca il portone della scuola e si sente improvvisamente solo. Alcuni adulti, di cui non vede il viso, lo invitano a seguire il percorso prestabilito per raggiungere la sua nuova classe. Cercano di incoraggiarlo, ma non c’è nulla da fare. Gesticolano e alzano il tono della voce nel tentativo di farsi capire meglio ma a lui quei gesti scomposti sembrano piuttosto una minaccia.
Li segue con la testa bassa, sistemandosi meglio sul viso la mascherina che nel frattempo è scesa un po’. Respira in modo affannoso.
Entra nell’aula silenziosa, così diversa da quella cui era abituato quando ancora frequentava la scuola dell’infanzia.
Ci sono altri bambini, seduti in banchi posti a debita distanza. Ai suoi occhi sono tutti uguali se non per i pezzi di stoffa colorati che indossano per coprire bocca e naso.
La maestra lo accoglie con un saluto. Francesco non può sapere che lei gli sta sorridendo dietro quel pezzo di tessuto né che cerca di abbracciarlo con lo sguardo.
“Benvenuto! Qui c’è il gel per disinfettare le mani, questo sarà il tuo scudo protettivo insieme alla maschera da supereroe che già indossi”.
La maestra cerca disperatamente di trasformare la nuova regola in un gioco divertente.
Il bambino preme il dispenser e una goccia del liquido magico cade sul grembiule. Gli viene da piangere ma trattiene le lacrime, manda giù il nodo che si affaccia ormai in gola e ci riprova. Si strofina per bene le mani, come ha già imparato a fare a casa, passando il prodotto tra le dita e stando attento a non tralasciare i pollici.
Va a sedersi nella sua postazione solitaria. Gli manca tanto il suo amichetto della materna con cui giocava a costruire torri e castelli, gli manca la disposizione dei banchi a ferro di cavallo, gli mancano i sorrisi e gli abbracci delle maestre sempre pronte a consolarlo. Una bambina con i capelli biondi da lontano lo saluta. Forse si tratta di Federica, la sua compagna dell’asilo.
La maestra spiega che quest’anno la scuola sarà un po’ diversa.
“Dobbiamo stare tutti più attenti… purtroppo non potrete stare vicini ai vostri compagni, né scambiarvi il materiale scolastico o altri oggetti. Ci si dovrà proteggere per fermare quel brutto virus invisibile che, come sapete, ha fatto tante vittime. Ma ci faremo l’abitudine, non vi preoccupate, e alla fine insieme impareremo tante cose belle.
Tutti ascoltano ammutoliti e con gli occhi spalancati come se volessero compensare ciò che hanno perso. Qualcuno prende coraggio e alza la mano.
“Ma se io non ho la tosse e neppure il raffreddore, come faccio a contagiare gli altri?” chiede incredulo Matteo.
“Puoi essere asintomatico e trasmettere lo stesso il virus” risponde la piccola Martina con il piglio della scienziata.
“Io faccio fatica a respirare però” aggiunge Giulia.
“Anch’ io sento caldo con la mascherina” dice Simone abbassandola sotto il mento per parlare.
Tutti i bambini puntano il dito contro il compagno: “Maestra, l’ha tolta! Ci ammaleremo tutti!”.
L’insegnante cerca di rassicurarli.
Francesco intanto li guarda. Sente le voci ma non riesce a capire da chi provengano. Lui che ha sempre fame d’aria respira ancora più a fatica. Il cuoricino gli batte forte nel petto. Gli gira la testa e comincia a piangere. È un pianto incontenibile.
La maestra allarmata si avvicina un po’ di più.
“Francesco, che ti succede?”
Il bambino non risponde. Poi prende a tossire e un sibilo acuto accompagna il suo respiro.
Il pediatra ha detto alla mamma che le mascherine in caso di asma si possono indossare tranquillamente. Anzi rappresentano una barriera per quei pollini dispettosi che tanto lo fanno star male.
Allora preme la mascherina sul viso per paura che scivoli via sotto il peso delle lacrime.
I compagni rimangono pietrificati nei loro banchi. Nessuno ha più il coraggio di parlare.
La maestra non può fare a meno di abbracciarlo e gli libera il volto.
Piano piano Francesco riprende a respirare bene.
Nella mano stringe forte il pupazzetto che si è portato da casa, il ricordo del suo amico del cuore.
Simona Riccardi
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