Ricorderete il caso della maestra sarda sospesa per avere fatto recitare le preghiere in classe ai suoi alunni. Ebbene, se fosse accaduto in Francia, con ogni probabilità non avrebbe più fatto ritorno in classe.
Le Monde e tutti gli altri organi di stampa francesi hanno con grande enfasi – in questi giorni – divulgato la notizia che in una scuola di Nizza si sarebbero recitate preghiere musulmane e osservato anche un minuto di silenzio in onore di Maometto. In classe? No, certo, semplicemente durante la ricreazione, nel cortile esterno della scuola. Ma tant’è, questo è bastato per fare scattare l’allarme rosso: il sindaco di Nizza – la città in cui si sono svolti i fatti – ha immediatamente scritto al Primo Ministro, pubblicando il contenuto della sua lettera su Twitter. Ma cos’è accaduto di tanto grave? Sembrerebbe che durante la pausa di mezzogiorno, nel cortile di una scuola elementare, alcuni alunni tra i più grandicelli di quarta e quinta elementare abbiano organizzato una preghiera collettiva e un minuto di silenzio dedicato al profeta Maometto. “Un tentativo d’intrusione della religione in seno a quei santuari della Repubblica che sono le nostre scuole”, ha testualmente dichiarato il sindaco al quotidiano Nice-Matin.
Ciò che a noi italiani potrebbe apparire come un’assurda esagerazione, in Francia è un valore repubblicano imprescindibile: a scuola non si fa religione, non si prega e non si indossano abiti o accessori chiaramente riconducibili alla religione di appartenenza. «La Repubblica non riconosce, stipendia o sovvenziona nessun culto», si legge all’articolo 2 della Legge del 9 dicembre 1905 che da oltre un secolo sancisce la separazione tra Stato e Chiesa e la nascita ufficiale del concetto di laicità dello Stato, un valore sul quale non si transige. Tanto che, in ogni Ufficio Scolastico Provinciale francese opera una “équipe valeurs de la République” che si sposta nelle scuole che ne richiedano la presenza per valutare se c’è in atto un potenziale attacco ai valori repubblicani e proporre immediate strategie pedagogiche per porvi rimedio.
La crescita esponenziale delle tensioni sociali nelle periferie urbane più degradate e il prezzo che la Francia ha pagato in termini di attentati subiti a opera dei terroristi islamici, hanno fatto sì che anche un evento apparentemente innocuo come quello qui raccontato diventasse un caso nazionale. Adesso anche i ragazzini “colpevoli” di avere pregato a scuola, come nel caso dei bambini di Nizza – città martire del terrorismo islamico con 86 morti e più di 400 feriti nel 2016, attentato rivendicato ufficialmente dall’Isis – saranno segnalati all’autorità competente che valuta l’eventuale radicalizzazione dei musulmani presenti sul territorio francese.
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