Attualità

Maestri e studenti uniti: la rivoluzione pacifica

Le nostre origini sono la base sicura sulla quale fare esperienza e costruire gli ideali, i sogni.

Realizzarli, significa soggettivarsi, ovvero presentarsi al mondo con il proprio nome di battesimo. Ma quando ci scontriamo con l’ingiustizia e l’illegalità, che tentano di derubarci le radici, il nome, rischiamo di perdere la bussola e di non comprendere chi siamo.

Difronte all’inconsapevolezza umana, all’irresponsabilità del clan, le intelligenze umane arruolano plotoni di sentimenti per parlare il linguaggio della legalità, e guardare oltre le rovine, che la mafia aveva, stava e programmava di offendere uomini e comunità intere.

Era il 1989 quando il “professore antimafia” Nicolò Mannino conosciuto da tutti come il “maestro buono” che partecipava attivamente con Paolo Borsellino e Caponnetto ai convegni sulla legalità, battezzava all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio, il Parlamento della legalità internazionale.

Un vero e proprio “pronto soccorso” per tutti coloro, che rischiavano di essere risucchiati dal vortice dell’azione mafiosa, che cercava di reclutare uomini per trasformarli in marionette.

Quando Leonardo Sciascia scriveva che i Maestri e la Scuola avrebbero ammonito il fare mafioso, realizzò lo stato di emergenza nel quale l’intera comunità siciliana e non solo, stava piombando nell’abisso dell’indifferenza.

Con le sue idee contribuì a rafforzare gli uomini di buona volontà, tutti coloro che stando al fianco dei bambini, avrebbero avuto più possibilità rispetto all’uomo armato.

Nicolò Mannino ha compreso subito, che bisognava rimboccarsi le maniche e impegnarsi anima e corpo ad un progetto vitale, per realizzare l’alfabeto della legalità e cambiare “le regole di un universo” macchiato dall’ingiustizia.

Si bisognava ricominciare tutto dall’inizio, dalla “culla” le origini di ogni uomo, e li trasmettere il codice del rispetto per la vita e dell’amore. Attraverso il dialogo autentico con le famiglie colpite e ferite nella dignità, offese con l’uccisione dei propri cari, giungeva l’incoraggiamento e il sostegno del Parlamento della legalità internazionale. Così, gli uomini di buona volontà muovevano i primi passi come un neonato lentamente si avvia lungo il percorso del suo ciclo di vita.

Tante le difficoltà e le criticità dovute all’omertà, alla paura di denunciare, di uscire fuori allo scoperto e divenire un possibile bersaglio. Ma le iniziative a favore della pace e della buona convivenza, un po’ alla volta entravano a far parte dei programmi scolastici, nelle famiglie si parlava della reciprocità e del rispetto per il prossimo. Qualcosa stava cambiando, la percezione di una nuova comunità, voluta come centro di ascolto e di riproduzione dei concetti di resilienza e di legalità umana, prendeva sempre più spazio nella mente del gruppo e nella quotidianità della cittadinanza attiva.

Giorno dopo giorno, si realizzavano tavole rotonde, convegni e momenti per pensare a come strutturare e programmare regole e obiettivi del Parlamento della legalità internazionale.

Un lavoro complesso, la volontà insieme alla gratitudine di fare per co-creare una comunità moderna, capace di parlare alla pluralità delle diversità sociali. Un gruppo di lavoro che vede impegnate le umanità di ogni parte della società e che nel tempo sta dando i suoi frutti, ad oggi sono 18 le ambasciate che cooperano e che realizzano progetti scolastici e obiettivi per i giovani. Il libero arbitrio che ogni cittadino muove, diviene il processo ultimo, prima di giungere alla scelta finale. I

l ciclo di vita rappresenta per l’uomo, quello spazio dove apprende, processa e integra i sistemi vitali nella fenomenologia del qui ed ora, il suo libero arbitrio attinge dalla consapevolezza che ciò che è accaduto ieri deve restare nel passato. Ciò che diviene risolutivo e adattivo, è la responsabilità che crea il suo pensiero verso l’agire per un bene condivisibile e fruibile con l’alterità.

Il Parlamento della legalità internazionale enfatizza i concetti di resilienza, verso una comunità ecologica e autentica, nella reciprocità di un bene condivisibile dai giovani agli adulti capaci di scegliere e realizzare finalmente le proprie Vite. “Perché è la stessa terra che ha germogliato l’erba cattiva, che può, che deve trasformarla in distese di vitigni che daranno il buon vino”.

Giuseppe Adernò

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