Nel pomeriggio di giovedì 11 ha preso avvio nella Commissione Cultura della Camera l’iter parlamentare del decreto legge 137.
A relazionare n nome e per conto del Governo ha provveduto la presidente della Commissione Valentina Aprea.
Molto attesa era la parte sull’articolo 4 del decreto, quello che parla del “maestro unico”. E in effetti l’attesa non è andata delusa.
Aprea ha calibrato bene le parole, allo scopo di accreditare una interpretazione non restrittiva e non puramente “economicista” della norma.
La disposizione secondo cui le istituzioni scolastiche costituiscano classi assegnate ad un unico insegnante e funzionanti con un orario di 24 ore settimanali equivale infatti – ha sottolineato la relatrice – a “consentire di ricostituire classi con il maestro unico, secondo il modello organizzativo tradizionale della scuola elementare vigente fino al 1990”.
Il ripristino delle 24 ore e del maestro unico sarebbe dunque solo una opportunità in più offerta alle famiglie e non l’unico modello organizzativo della scuola primaria.
“In ragione della domanda delle famiglie – ha ripetuto in un paio di passaggi Valentina Aprea – vi potranno pertanto essere differenti articolazioni dell’orario scolastico”.
Chiarito anche il contenuto del 2° comma dell’articolo 4 che parla del trattamento economico del personale docente che opererà nelle classi affidate ad un solo insegnante. Le spiegazioni della relatrice confermano l’interpretazione da noi fornita già in altri articoli.
“L’orario settimanale della classi a maestro unico è superiore rispetto alle ore di lezione che ciascun docente è tenuto a svolgere secondo le vigenti previsioni della contrattazione collettiva, pari a 22 ore settimanali”.
Ma c’è di più: laddove la classe – a seguito delle richieste delle famiglie – funzioni a 27 ore, l’intero modulo può essere affidato ad un unico insegnante
“Con ciò – ha aggiunto Aprea – si ottengono due effetti sicuramente positivi per il sistema educativo: si amplia la libertà di scelta delle famiglie che volessero occuparsi dell’educazione dei propri figli in orario pomeridiano e si recupera la funzione educativa del docente, quale punto di riferimento, non solo per gli insegnamenti, ma anche dal punto di vista relazionale”.
Ma, ha sottolineato la relatrice, “non è corretto parlare di ‘ritorno al passato’ paragonando questo modello a quello degli anni ’70-’80: da allora sono cambiate molte cose, ma soprattutto è cambiata la cornice giuridica entro cui i modelli organizzativi ordinamentali si giustificano: è stata riconosciuta in legge ordinaria prima ed in Costituzione poi, l’autonomia scolastica e con il decreto n. 275 del 99 è stata di fatto abolita la rigidità e l’unicità dei modelli organizzativi e quindi anche il modello dei 3 insegnanti su due classi”. Nei prossimi giorni in Commissione si aprirà il dibattito e si capirà quale posizione deciderà di assumere la minoranza. Nelle ultime ore il PD ha annunciato che intende sollevare la questione di legittimità costituzionale. Sarà interessante vedere cosa dirà in proposito la Commissione “Affari costituzionali” che dovrà esaminare il provvedimento quanto prima.