Ha riscosso un forte impatto emotivo la visita del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, all’istituto Guido Carli di Casal di Principe, in provincia di Caserta, la località dove nel 1994 don Diana fu ucciso dalla camorra, che cade in corrispondenza della 28esima Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Il Presidente è stato accolto dai ragazzi della scuola e di due istituti comprensivi della città con le bandierine tricolore e all’interno è stato intonato l’inno nazionale.
“Prima di venire qui, nella vostra scuola, mi sono recato al cimitero, davanti alla tomba di Don Peppino Diana, dove ho incontrato i suoi familiari”, ha detto Mattarella riferendosi ai fratelli Emilio e Marisa e consorti e figli e all’incontro anche con Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto don Diana.
“Don Peppino – ha detto Mattarella – era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione. Don Diana aveva capito, nella sua esperienza quotidiana, che la criminalità organizzata è una presenza che uccide persone, distrugge speranze, alimenta la paura, semina odio e ruba il futuro dei giovani”.
“Siamo pronti, grazie alla cultura e ai principi di legalità di cui don Peppe era testimone, a creare una nuova immagine”, ha detto Gabriele, rappresentante di istituto della scuola “Carli” rivolgendo il saluto di benvenuto al presidente Sergio Mattarella chiedendogli di “non abbandonarci”.
“Abbiamo bisogno di sapere che le istituzioni ci sono e ci confortano”, ha proseguito il rappresentante di istituto ribandendo che i giovani non vogliono però recidere le loro radici sforzandosi anche di contrastare i pregiudizi. Lo studente ha ricordato anche le numerose iniziative che li vedono protagonisti “per la promozione dei principi della legalità e della cittadinanza attiva”. La scuola, ha proseguito “deve essere concepita come luogo deve crescere ed integrarsi”.
E rivolgendosi ai giovani, il Capo dello Stato ha detto che devono “avvertire l’orgoglio di essere concittadini di Don Diana. Dovete rifiutare, fin dai banchi di scuola, la sopraffazione, la violenza, la prepotenza, il bullismo, che sono un brodo di coltura della mentalità mafiosa”.
“Ricordate sempre che siete la generazione della speranza, quella a cui don Diana ha passato idealmente il testimone della legalità”, ha continuato il Presidente.
“Al presidente Mattarella abbiamo mostrato il luogo del martirio, la sacrestia in cui fu ucciso don Diana, e lui è rimasto molto colpito e ha posto parecchie domande sulla vita prima di morire di don Peppe. Poi ci ha ringraziato per tutto ciò che abbiamo fatto per alimentare la memoria di don Diana”, ha raccontato don Franco Picone, vicario della Diocesi di Aversa presente alla chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, di cui è parroco.
“Per gli studenti è un sogno poter assistere alla visita del Capo dello Stato Mattarella, primo cittadino d’Italia, punto di riferimento per tutti, specie per i più giovani, che ha voluto dialogare con loro e questo è un segnale molto forte”, ha detto Tommasina Paolella, dirigente dell’istituto tecnico Guido Carli.
Casale ha accolto il Capo dello Stato con un manifesto gigante di benvenuto affisso all’entrata della cittadina e uno striscione appeso al ponte d’ingresso. “Questa scuola – ha aggiunto la ds Paolella – rappresenta la comunità di Casal di Principe, una cittadina rinata proprio dalla morte tragica di don Diana; da quel 19 marzo del 1994 è nata questa strada di riscatto che anche le associazioni le scuole hanno cercato e voluto”.
Gli studenti hanno raccontato a Mattarella “cosa significa vivere in queste terre, le loro aspettative e speranze. Qui mancano ancora offerte di lavoro, la sanificazione dell’ambiente, e non dimentichiamo tutti i problemi sociali che il territorio vive, come l’abusivismo edilizio”.
Nella stessa giornata, oltre 50 mila persone sono scese in piazza a Milano. Il corteo, partito da Porta Venezia per arrivare in Piazza Duomo, ha accolto anche uno spezzone degli studenti, promosso dalle organizzazioni studentesche Unione degli Studenti, Link Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza, che ha dato spazio alla voce dei giovani e delle giovani. Oltre alla memoria, diritto allo studio, cultura e socialità, gli studenti hanno denunciato le disparità sociali e la povertà economica e culturale nelle aree interne del Paese: “abbiamo bisogno di servizi accessibili e spazi sociali che favoriscano l’emancipazione”, ha detto Giovanni Colombo della Rete della Conoscenza Milano.
Durante il corteo gli studenti hanno realizzato un flash mob in Corso Giacomo Matteotti per rivendicare partecipazione e potere dal basso, alzando centinaia di cartelli su cui è stato scritto “Ora decidiamo noi”. “La dispersione scolastica nel nostro Paese ha un tasso del 12,7%, molto più alto della media europea- spiega Bianca Chiesa, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti – per tantissimi giovani l’unica vera alternativa alla criminalità è la scuola, ma finché non ci sarà un rifinanziamento strutturale della scuola pubblica, questa alternativa resterà inaccessibile per molti. Perché è solo con la conoscenza che si può estirpare il cancro mafioso”, ha detto la studentessa.
“Le aule scolastiche e universitarie si svuotano mentre si riempiono le carceri – ha detto Virginia Mancarella di Link Coordinamento Universitario – per questo governo l’unica risposta alla mafia è la repressione, ma intanto con il Decreto Calderoli si continuano ad inasprire le differenze fra Nord e Sud, che vuol dire di fatto anche fra università di serie A e università di serie B e assenza di prospettive per chi studia in quest’ultime”.
Secondo il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, l’evento è servito anche a “ribadire l’incessante impegno che noi tutti dobbiamo portare avanti per estirpare il cancro mafioso dalla nostra Nazione. Per riuscirsi, oltre a sostenere convintamente il lavoro delle Forze dell’ordine e della magistratura, abbiamo bisogno di utilizzare l’arma più temuta dai mafiosi: la cultura”.
“La conoscenza, diffusa a tutti i livelli, dalla scuola al lavoro, dalla politica alla società civile, è lo strumento più potente per sconfiggere l’influenza delle mafie e prevenire la loro diffusione”.
“Sappiamo che in momenti di difficoltà economica gli strumenti che ci diamo per contrastare l’infiltrazione delle mafie nell’economia legale devono essere ulteriormente rafforzati. E purtroppo non stiamo vedendo questo”, ha commentato, in polemica con il Governo Meloni, la segretaria del Pd Elly Schlein a margine della manifestazione antimafia di Milano.
“Non si fa alzando il tetto del contante, non si fa agendo per indebolire le tutele della legalità nel codice degli appalti. Lo si fa con una grande operazione di maggiore trasparenza e controllo, di maggiore formazione, fin dalle scuole e dentro le pubbliche amministrazioni, con una battaglia che è anche culturale”.
Secondo Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil, per vincere la mafia “sono indispensabili, innanzitutto, dice, il presidio del territorio e il lavoro investigativo e inquirente, ma è anche una questione culturale e di testimonianza”.
“La Uil, insieme all’Associazione antimafia #Noi, di cui è Presidente onoraria la giornalista Federica Angeli, che combatte questa battaglia, personalmente, in prima linea, sta sostenendo un percorso rivolto ai giovani delle scuole superiori del nostro Paese, per esaltare il valore della scuola, dell’educazione e della cultura nella lotta per la legalità e contro le mafie”.
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