L’apprendimento della Lingua Francese costituisce ancora oggi un’opportunità culturale, professionale ed economica di indubbio valore. Il francese è, dopo l’inglese, la seconda lingua parlata in 5 continenti e la Francia è il secondo partner economico più importante per il nostro Paese con un volume d’affari che ruota intorno ai 200 milioni di euro di scambi economici al giorno.
La Francia è inoltre il secondo Paese per volume di investimenti in Italia con 100 gruppi imprenditoriali francesi che garantiscono 239 mila posti di lavoro in tutta la penisola.
Griffe come Gucci, Brioni, Pomellato e Bottega Veneta, sono finiti, in una manciata d’anni, nel portafoglio del colosso francese del lusso Kering; Mediaset è al 28% nelle mani di Vivendi; il gruppo energetico EDF possiede la quasi totalità del capitale sociale di Edison; Parmalat, Eridania e la catena di supermercati Carrefour sono finite anch’esse nel carrello della spesa transalpina; e non mancano le banche come Bnl, Cariparma e Banca Popolare Friuladria, o le assicurazioni come Nuova Tirrenia, o ancora la società globale di investimento Pioneer. Da ultimo, va sottolineata la massiccia presenza di turisti francesi e francofoni e dell’ingente indotto che questa comporta.
Eppure, dall’analisi degli organici elaborati dagli Uffici Scolastici e come riportano le riviste che si occupano di scuola, non si capisce come mai, ogni anno assistiamo al taglio di classi e cattedre di lingua francese a vantaggio di altre lingue, malgrado le puntuali note ministeriali (v. nota prot. 1601 del 29-03-2018) e DPR (art.14 del DPR n. 81 del 2009) emanate a tutela della conservazione delle cattedre di diritto.
Ciò premesso, in considerazione anche delle recenti raccomandazioni del settimanale inglese The Economist e di un noto quotidiano italiano di studiare il francese, auspichiamo una maggiore sensibilizzazione e consapevolezza sul valore aggiunto che costituisce questa lingua al fine di operare scelte vincenti.
Federica Bigarani