Italia Oggi pubblica una notizia quanto meno raccapricciante e discriminatoria nei confronti dei nuovi assunti. In pratica sarebbero soggetti a cambiare sede ogni tre anni, a seconda del luogo dove sarà ubicata la scuola il cui preside conferirà loro l’incarico, traendoli dal albi regionali. Esclusi però da questo delirio sarebbero gli insegnanti già in ruolo, ma a patto che rinuncino, per tutta la vita, al diritto di chiedere di cambiare sede o classe di concorso.
In mancanza di tale abiura anche loro devono tenersi pronti a trasferimenti a ogni scadere di triennio.
La novità, del tutto nuova e inconcepibile, è contenuta, secondo Italia Oggi, nel testo del disegno di legge delega che dovrebbe realizzare la buona scuola voluta dal governo Renzi e che entrerà in vigore solo dopo che il testo diventerà legge.
In più, nel disegno di legge delega è prevista la cancellazione del parere obbligatorio del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
In parole diverse dunque sarebbe in atto un vero e proprio colpo di spugna sul diritto alla mobilità così come è stato faticosamente costruito in vent’anni di contrattazione collettiva, mentre si coglie una sorta di grottesco disprezzo per i diritti, non solo del lavoro, ma anche della libertà e dell’autodeterminazione.
Secondo Italia Oggi il corpus normativo che incardina i movimenti del nuovo personale ha procedure che precludono qualsivoglia decisione discrezionale da parte dei dirigenti e dell’amministrazione scolastica.
Si tratta di un sistema che, da una parte, garantisce l’assoluta trasparenza delle operazioni, e dall’altro lato pone al riparo l’amministrazione scolastica dal rischio di responsabilità, anche penali, che potrebbero insorgere in capo a dirigenti e funzionari in caso di errori o valutazioni discrezionali.
Quanto alla procedura, oggi rigidamente informata al principio del merito sulla base di regole tassative (titoli posseduti, continuità didattica accumulata, anzianità di servizio), secondo il disegno di legge, si limiterà solo a rendere pubbliche le richieste e i criteri a cui il dirigente si è attenuto per la scelta dei docenti. E dopo averli designati, non dovrà fare altro che rendere pubblica la motivazione insieme al curriculum del docente. I criteri, dunque, potranno essere diversi da scuola a scuola e non saranno soggetti a regole preordinate e uniformi su tutto il territorio nazionale come avviene adesso.
Il provvedimento, sottolinea Italia Oggi, non dice nulla sul come avverrà la chiamata. E soprattutto non indica alcuna soluzione in caso di controversie che dovessero insorgere tra più docenti interessati al medesimo incarico a parità di pre-requisiti o sul destino di chi non sarà chiamato. Insomma, ce n’è abbastanza per ingolfare i tribunali a scadenza triennale e per fare la fortuna dei ricorsifici.
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