Mail inviata a matteo@governo.it

Matteo carissimo, scusa per il tu, il tono un pò scanzonato e la confidenza ma credo di potermelo permettere. Un pò perché ho 59 anni e quindi, conti alla mano, anagraficamente potrei quasi essere tuo padre; un pò perché aderiamo allo stesso partito, il Pd. Per dirla tutta: quando nel 1978 tu andavi alla scuola materna io ero già segretario di una piccola sezione dell’allora Pci che, con un gruppo di amici, avevo contribuito ad aprire a Sanguinetto, paesino monocolore democristiano della bassa veronese, dove allora vivevo.
Ti scrivo perciò con lo stesso tono che userei parlandoti di persona in una sezione del Pd o al meno formale tavolino di una festa dell’Unità.
E siccome tra compagni di partito la sincerità è un obbligo, ti dico subito che alle primarie non ti ho votato. Il perché è presto detto: prima delle primarie, scusa il bisticcio di parole, avevo mandato una mail, la stessa mail, a te, a Pippo Civati, a Gianni Cuperlo e a Gianni Pittella. Se vuoi te la rimando ma, riassumendo, nella mail vi chiedevo che cosa avevate intenzione di fare come futuri segretari del Pd in merito all’immonda e ingiusta “legge Fornero”. Civati, Cuperlo e Pittella in modi un pò diversi ma molto simili mi risposero. Citando passi del loro programma o scrivendomi direttamente. Civati, Cuperlo e Pittella mi dissero che sì, la “legge Fornero” era un mezzo obbrobrio e andava o abrogata o modificata o quantomeno resa più flessibile. E che si sarebbero impegnati a farlo se eletti segretario del Pd. Né tu direttamente né il tuo comitato mi rispondeste e così decisi di votare la persona o meglio il programma che più si avvicinava all’idea che io avevo del Pd e del suo futuro segretario e cioè Gianni Cuperlo. Le primarie sono andate come tutti sappiamo, le hai stravinte tu e io, reduce del sacrosanto centralismo democratico, mi sono adeguato. Il Pd rimane il mio partito e ora che sei diventato segretario e pure presidente del Consiglio, sarei tentato di starmene in disparte a guardare quello che fai, aspettando che alle parole seguano i fatti. Sarei, ma un po’ per mio carattere e un pò per il tuo invito a mandarti via mail proposte, osservazioni e consigli, non ce la faccio.
Ed eccomi qui a scrivere questa mail che, questa volta, spero leggerai di persona e alla quale mi piacerebbe trovassi il tempo di rispondere. Con le parole, con i fatti.
Perché, venendo finalmente al dunque, io di mestiere faccio l’insegnante di scuola media. E la scuola, nei tuoi programmi presentati a Camera e Senato e nelle interviste che hai copiosamente rilasciato, è al centro e comunque sempre entro i primi tre punti delle cose da fare insieme alla riforma del lavoro, quella elettorale e quelle istituzionali. Edilizia scolastica, manutenzione straordinaria, informatizzazione, riaffermazione del grande e poco riconosciuto ruolo degli insegnanti: del mio mondo hai in più occasioni parlato mettendo sul piatto analisi, idee, proposte. Posso dirlo: sono d’accordo con TUTTO quello che hai detto! Solo su una cosa non posso essere d’accordo, e non perché abbiamo idee diverse ma perché o mi è sfuggita o non ne hai proprio parlato. Ed è il fatto che, grazie alla “riforma Fornero”, la scuola si trasformerà sempre più in una succursale di una casa di riposo. Inutile stia qui a ripeterti statistiche e numeri che conosci: già oggi l’età media degli insegnanti italiani è la più alta o tra le più alte del mondo. Con la progressiva entrata a regime della “riforma Fornero” fra qualche anno avremo una scuola di nonni. Vuoi il mio personalissimo caso? Prima della “Fornero” con le “quote” la mia prospettiva era andare in pensione a 61 anni. Con la legge 214, nella notte del 22 dicembre 2011 la mia asticella è salita di colpo a 67 anni. Considerato che l’anno scolastico chiude al 31 agosto e non al 31 dicembre, più facile sia salita a 68 anni. Che insegnare in una scuola materna o media a quell’età sia oggi una follia non credo ci sia nemmeno il bisogno di ricordartelo. E non solo per l’energia che il fare bene questo mestiere richiede ma anche per la qualità di quella che può essere la tua offerta formativa. Sempre per parlare di cose che mi riguardano e che conosco: alla tua attuale età per me non era un problema fare molto di più dell’insegnante ex-cattedra, roba tipo portare i ragazzi di terza media a fare esperienze come uno scambio culturale di 10 giorni con una scuola finnico-russa di Helsinki. Oggi (e di anni ne ho solo 59!) faccio già fatica ad organizzare un’uscita di mezza giornata al museo. Ma queste cose le sai benissimo e non insisto: nella vita c’è un’età per tutto e tutto non può essere fatto indipendentemente dall’età. Rottamare era e rimane una brutta parola, ma rende bene l’idea: se si vuole cambiare, largo ai giovani. Ma quale largo ai giovani può esserci in una scuola di anziani? Finché io occupo la mia cattedra nessun giovane energico, fresco ed entusiasta la potrà occupare.
Ciò detto e venendo al dunque la mia richiesta è che, nel tuo programma governativo sulla scuola, sia prevista la riforma della “legge Fornero”. Non chiedo (anche se, in buona compagnia di sindacalisti ed economisti delle più diverse inclinazioni politiche, continuo a non vederne il motivo) il ritorno alle “quote”. Chiedo che almeno il tuo Governo dopo gli assordanti silenzi di Monti e Letta si impegni a portare al voto del Parlamento sovrano la proposta di legge n. 5103 del nostro compagno di partito Cesare Damiano (ma sottoscritta anche da molti altri deputati di altri partiti) sulla modifica della “legge Fornero”. Proposta che prevede la possibilità (possibilità, mica obbligo!) per chi ha compiuto 62 anni e ne ha almeno 36 di contributi di andare in pensione con una piccola decurtazione sull’assegno. A me e a molti che come me nella scuola ci hanno speso intelligenza ed energie, chiudere in bellezza a 62 anni prima di diventare la macchietta degli alunni e il “poverino” dei rispettivi genitori, sembra una buona idea.
Certo la cosa avrà un prezzo, ma non dirmi proprio tu che stai proponendo riforme mirabolanti e molto più costose che i soldi non si trovano.. Persino illustri economisti di destra stanno cominciando a ragionare se è più conveniente tenersi stretti gli anziani lavoratori al massimo dello stipendio o mandarli in pensione sostituendoli con giovani al primo impiego, allargando la massa dei detentori di reddito che possono pensare a mettere su casa, famiglia, innescare circoli virtuosi in un’economia asfittica e in crisi.
Scusandomi per il tono confidenziale e la franchezza, chiudo. O meglio: chiudo questa mail, non il discorso. Perché la scuola è stata tutta la mia vita e alla scuola ancora ci tengo. E so, come lo sai benissimo anche tu, che non ci sarà alcuna rivoluzione in una scuola “geriatrica”. Con tutto il rispetto, parafrasando i fratelli Coen “la scuola non è un mondo per vecchi”. O meglio: non lo deve essere, non lo deve diventare.
Se tutto va come qualcuno ipotizza tu dovresti fare il presidente del Consiglio fino alle prossime elezioni del 2018. Lo facessi per benino, dovresti poi tornare a farlo per 5 anni democraticamente eletto dal popolo italiano. Non posso che augurartelo con tutto il cuore. Ma soprattutto non posso che augurarmi tu riesca quanto prima a far modificare una legge che, per quell’Italia moderna che vorresti contribuire a costruire, è come la sabbia in un bellissimo motore.
Buon lavoro. E questa volta mi aspetto sul serio una risposta. Scritta o, preferibilmente, nei fatti.
I lettori ci scrivono

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