Una delle tendenze degli ultimi anni in tema di lavoro è la progressiva equiparazione tra pubblico e privato. Anche in ambito pensionistico, dove proprio in questi giorni le soglie sono state portate indifferentemente per tutti i dipendenti, a prescindere dal settore di appartenenza, a 66 anni e 7 mesi. La “regola”, però, non vale per le visite fiscali, che continueranno ad essere attuate in orari fortemente differenziati. E il medico potrà bussare più volte nel corso anche della stessa giornata, festivi compresi.
È definitivamente tramontata, infatti, l’annunciata “armonizzazione” dei due comparti attraverso la riforma della PA effettuata dagli ultimi due governi.
Come già rilevato con un altro nostro articolo, il prossimo 13 gennaio il decreto 17 ottobre 2017, n. 206, firmato dalla ministra della Funzione Pubblica Marianna Madia di concerto con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che segue la realizzazione del polo unico della medicina fiscale, porterà in vigore il rinnovato regolamento sulle modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonché l’individuazione delle fasce orarie di reperibilità, ai sensi dell’articolo 55-septies, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (17G00221).
Se nell’articolo 2 del si introduce che le visite fiscali potranno essere effettuate con “cadenza sistematica e ripetitiva, anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale” (brutte notizie per gli assenteisti seriali del lunedì), il successivo articolo conferma le tradizionali fasce orarie, le quali vengono mantenute dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.
Rimane in piedi, quindi, la discrasia con i dipendenti privati, per i quali le finestre di reperibilità nel proprio domicilio risultano decisamente più brevi, poiché comprese tra le ore 10 e le 12 e tra le 17 e le 19.
Ma a cosa è dovuto il mantenimento della differenza? Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha a lungo caldeggiato l’innalzamento delle fasce dei privati. Venuta mano tale possibilità, si è allora pensato di ridurre quelle dei dipendenti pubblici. Solo che per questa possibilità ha espresso il suo veto il dicastero della Funzione pubblica, per il quale “l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli”.
Gli unici ad essere esentati dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità saranno i dipendenti con “stati patologici sottesi o connessi alla situazione d’invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%”. Percentuale minima già in vigore nel privato ma non presente nella PA. Almeno su questo fronte, l’armonizzazione si è compiuta.
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