Un lavoratore in malattia può decidere autonomamente di rientrare in servizio prima della scadenza del termine previsto nelle certificazioni mediche?
Ha risposto a questo quesito l’Aran, con orientamento applicativo RIC_055, precisando che il dipendente può rientrare in servizio anche prima della scadenza del periodo di assenza per malattia previsto dal relativo certificato medico, ma in ogni caso è opportuno che l’amministrazione, per evitare ogni eventuale responsabilità al riguardo, richieda al lavoratore una specifica certificazione medica dalla quale risulti la piena idoneità psico-fisica allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo di appartenenza dello stesso.
Quanto sopra perché il datore di lavoro deve adottare tutte le misure volte a tutelare l’integrità fisica del dipendente che intende rientrare in servizio, ma anche degli altri lavoratori (ad esempio, nel caso il cui l’assenza sia dovuta a malattie infettive).
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Sullo stesso tema si è recentemente espresso anche l’Inps, con la circolare 79/2017, avente ad oggetto: “Riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia.”
L’Istituto pensionistico ha comunicato che, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro. La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps.
In presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non può consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro. Quindi, il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.
Per quanto concerne, invece, l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, egli è tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. E inoltre va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.
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