Qualora vi fosse il pericolo tangibile di interruzione della continuità didattica, anche per periodi inferiori a 15 giorni, i dirigenti scolastici se non hanno alternative “interne” sono autorizzati a conferire la supplenza temporanea. A ribadirlo, attraverso una nota inviata agli Uffici scolastici regionali e provinciali, è stato il 6 ottobre Luciano Chiappetta, direttore generale del Miur, che con l’occasione ha sottolineto come che in tutti i casi in cui le “soluzioni normative non si rivelano idonee a sopperire alla sostituzione dei docenti assenti, al fine primario di non incorrere in una sospensione della didattica nei riguardi degli allievi interessati, i dirigenti scolastici possono provvedere, per periodi di assenza anche inferiori a 15 giorni, alla nomina di personale supplente temporaneo”.
L’indicazione del Miur, un po’ tautologica, poichè non fa altro che confermare quanto già espresso dalla legge, è giunta a seguito delle lamentele dei sindacati: in particolare, la Uil Scuola nei giorni scorsi si era rivolta al ministro Gelmini elencando una serie di “nodi” irrisolti e già ben presenti con l’inizio del nuovo anno scolastico: oltre all’alto numero di alunni per classe, anche quando sono presenti alunni con disabilità, e alle difficoltà di funzionamento per carenza di personale Ata, il segretario generale della Uil Scuola aveva messo l’indice sulla “mancanza di copertura nelle classi con supplenti, in caso di assenza dei titolari”. Soffermandosi su quest’ultimo punto Massimo Di Menna aveva fatto notare al responsabile del Miur che nelle scuole vi sarebbe ormai la consuetudine “da parte di alcuni dirigenti, di ‘distribuire’ gli alunni per le varie classi, ovvero spostare docenti impegnati in attività curriculari, al fine di evitare la nomina dei supplenti, pregiudicando così la programmazione delle attività didattiche con le inevitabili ricadute negative sul diritto allo studio degli alunni stessi”.
La replica del direttore Chiappetta, a nome del Ministro, sembrerebbe voler spostare il problema nelle scelte realizzate a livello di singola scuola. Dove molto spesso, soprattutto negli ultimi due-tre anni, le decisioni risultano però fortemente condizionate dalla mancanza di fondi. Significativa l’espressione utilizzata in questi ultimi giorni dalla dirigente Simonetta Salacone: “del resto per mettere in ginocchio il fondo d’istituto una scuola – ha detto la preside, apertamente in polemica con il ministro Gelmini, a capo dell’istituto romano Iqbal Masih, dove di recente non è stato osservato il minuto di silenzio per i sei parà uccisi a Kabul a seguito di un attentato – bastano due-tre malattie lunghe”.
Il problema è però soprattutto quello delle scuole dove alcuni docenti possono assentarsi presentando certificati di malattia di pochi giorni che si rinnovano di volta in volta. Ebbene, in questi casi in mancanza di fondi la scuola si arrangia con soluzioni alternative a volte estemporanee. Bisogna però anche considerare che gli istituti scolastici di oggi sono come una famiglia dove si fatica ad arrivare a fine mese: quindi per evitare questa possibilità si fa economia su tutto. E’ per un motivo analogo, per non compromettere il già fragile equilibrio, che non vengono chiamati i supplenti. Nemmeno per pochi giorni: i loro stipendi, pagati dalle scuole, rischierebbero di assorbire tutto il magro budget finalizzato alle supplenze. Il pericolo, terminati questi fondi, è che sa fine anno venga intaccato il finanziamento finalizzato ad incarichi e progetti extra-curricolari su cui è impegnato stabilmente il personale in servizio.
Il risultato lo conosciamo tutti: spesso il supplente non si chiama, in attesa che torni il titolare di cattedra. E a rimetterci sono gli allievi, che vengono accorpati ad altre classi e che non fanno lezione. Ma, ancora una volta, a rimanere danneggiato è anche il supplente. Che, ignaro di tutto, rimane mestamente disoccupato.