Ormai sta diventando il leit-motiv del dibattito in rete: “La legge 107 sarà spazzata via dal prossimo voto”.
Per cancellare albi territoriali, chiamata diretta, valutazione dei docenti, organico potenziato di dubbia utilità, bonus-elemosina e blocco del contratto la strada sarebbe una sola, almeno secondo gli anti-legge 107: andare al voto e mandare a casa il Governo Renzi.
Può darsi, ma prima di lanciarsi in previsioni più o meno fondate non sarebbe male fare un rapido excursus su quanto è accaduto negli ultimi anni.
Andiamo a ritroso.
Fra il 2009 e il 2010 vengono approvati il “decreto Brunetta” e le norme che bloccano i contratti e cancellano gli scatti stipendiali.
Reazione: quando Brunetta, Tremonti & C sranno spazzati via ne riparleremo.
Risultato: Brunetta e Tremonti non sono più al Governo ma gli effetti delle loro misure sono tuttora ben visibili.
Stessa storia con gli orari di licei e tecnici, ridotti dal ministro Gelmini.
Proteste, cortei e striscioni: via la Gelmini, ricorso contro i tagli.
E qui siamo al paradosso: Gelmini se ne va, il Consiglio di Stato accoglie i ricorsi, ma gli orari non cambiano di un minuto.
Andiamo al 2006: si invoca all’azzeramento della riforma Moratti (anzi Morattila), il centro sinistra di Prodi vince le elezioni, arriva il ministro Fioroni che – usando il “cacciavite” – si mette a giocherellare con la riforma della Moratti ma di fatto non azzera quasi nulla; obbligo scolastico a 18 anni e biennio unico, da sempre obiettivi irrinunciabili della sinistra, restano ancora nel cassetto.
L’unica vicenda in controtendenza si era vista fra il 2000 e il 2001.
Nel 2000 viene approvata la “riforma dei cicli” di Berlinguer che non riscuote molto consenso nel mondo della scuola. L’anno successivo il centro destra di Berlusconi, durante la campagna elettorale punta molto sulla scuola e annuncia che in caso di successo, si procederà alla abrogazione della legge Berlinguer. Berlusconi vince le elezioni, Letizia Moratti diventa Ministro dell’Istruzione e si arriva al 2003 quando viene approvata la legge 53 che, al comma 12 delle disposizioni finali, recita senza troppi giri di parole: “La legge 10 febbraio 2000, n. 30, è abrogata”. Promessa mantenuta.
Aspettiamo la prossima tornata elettorale per vedere cosa succederà.
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