Il neo ministro all’università, Gaetano Manfredi, già Rettore della Federico II di Napoli e presidente Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, intervistato dal Messaggero, ha tuttavia assicurato che la mancanza di fondi, che ha indotto Fioramonti alle dimissioni, proprio perché è tema importante, lo vedrà impegnato “con il premier Conte e in Consiglio dei ministri per reperire le risorse e per dare progressivamente le risposte che il mondo accademico aspetta da tempo”.
In primo luogo, ha specificato, raccoglieremo “i suggerimenti su quelle che devono essere le politiche da implementare. Partiremo dai giovani”, che dobbiamo riportare nelle università: “il numero dei nostri studenti è ancora tra i più bassi d’Europa con divari territoriali importanti. Dobbiamo dare massima attenzione al diritto allo studio” soprattutto “Nelle aree dove il reddito medio è più basso”, per incentivare “l’importante tema delle borse di studio che vanno garantite a tutti gli aventi diritto. La no tax area ad esempio, che comporta l’esenzione dalle tasse di iscrizione per reddito e per merito, ha aiutato molto le famiglie con i redditi bassi. Dobbiamo rafforzare ed estendere le facilitazioni all’accesso universitario ma non facendo ricadere le spese sull’università. Il mancato gettito delle tasse per le casse universitarie va compensato dallo Stato”.
“Se davvero vogliamo aumentare gli iscritti – ha ancora sottolineato il ministro a Il Messaggero- credo sia fondamentale pensare alle strutture dove accoglierli per farli studiare: va affrontato quindi il problema dell’ammodernamento e dell’espansione delle strutture. Servono aule e laboratori, proprio per ammodernare la ricerca. Finora siamo andati avanti con l’autofinanziamento”. Infatti, continua, “abbiamo due problemi importanti sull’università: poche risorse da un lato e la mancanza di una programmazione certa”.
Per tale ragione, spiega il ministro, “ogni anno serve la certezza che ci sia un numero di posti disponibili per entrare all’università. Con un piano pluriennale di immissioni di ricercatori si tranquillizza il sistema e si dà una vera opportunità ai giovani riducendo il precariato storico e nell’immediato “Sarà possibile assumere 10mila ricercatori nei prossimi 5 anni”.
Ma occorre pure innovazione: “E’ un tema importante per affrontare i temi dell’interdisciplinarietà. E’ questa la sfida del futuro. E poi dobbiamo farci conoscere e apprezzare all’estero. Da un lato dobbiamo attrarre gli stranieri in Italia, dall’altro portando l’università italiana all’estero. Abbiamo una grande tradizione formativa e questo per l’Italia rappresenta una grande opportunità. Esistono poche iniziative in questo senso, serve infatti un piano complessivo per favorire le aperture di nuove sedi dei nostri atenei all’estero: nessuna università ha la forza economica per affrontare una simile impresa. Dobbiamo dargli invece la possibilità di farlo”.
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