Anche il sindacalismo di base manifesterà nei prossimi giorni per chiedere modifiche al decreto legge Sostegni bis.
Il 21 giugno, con inizio alle ore 14, Unicobas, Cobas Sardegna, Usb e Cub, a Roma, in Piazza Montecitorio, dalle h. 14.00 alle 17.00, saranno davanti alla Camera dei Deputati “per esprimere tutto il proprio dissenso rispetto all’attuale formulazione del famigerato decreto Sostegni bis, un decreto da 40 miliardi che, come sempre da trent’anni, ben poco riserva alla Scuola pubblica di questo sventurato e smemorato Paese”.
“Per l’istruzione – sottolinea Unicobas – gli investimenti (comunque bassissimi) sono sempre e soltanto per cablaggi, Dad (Ddi) e altri orpelli di questa risma. Nulla per mettere gli edifici (80% fuori norma) in linea con la legge su igiene e sicurezza. Nulla per assumere più personale al di fuori di ridicoli concorsetti inadeguati per eliminare le classi-pollaio in era Covid ristrutturando l’organico con al massimo 15 alunni per classe”.
“Alla Scuola – si legge nel comunicato dell’Unicobas – sono dedicati gli articoli da 58 a 60, ma il mantra per la Scuola è sempre lo stesso: ‘senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica’. Specie quando si affibbiano ai docenti compiti in più, come ‘l’eventuale integrazione e il rafforzamento degli apprendimenti’ dal 1° settembre 2021”.
Né va meglio per l’edilizia scolastica: “l’art. 77, comma 4 – segnala l’Unicobas – incrementa il Fondo unico per l’edilizia scolastica, ma solo di una cifra risibile: 150 milioni di euro per l’anno 2021. Non male per un Paese in cui da 40 anni non si costruiscono nuove scuole e si lasciano crollare quelle esistenti”.
Il commento del sindacato guidato da Stefano d’Errico è pesante: “La Scuola deve morire. Chi ancora sperava che le cose non stessero così, dovrà riconsiderare seriamente le proprie speranze. Il Paese in cui viviamo non considera la Scuola un’istituzione importante. Anzi, forse non la considera nemmeno più un’Istituzione”.
I sindacati di base fanno anche una serie di richieste ben precise, a partire dall’ “allargamento dell’intervento sulla Scuola che assegni — sui 230 miliardi del “Recovery Fund” — 35 miliardi in più rispetto agli spiccioli stanziati finora (solo per cablare edifici scolastici pericolanti, per la Dad e per il Piano Scuole Estate)”.
In particolare chiedono 7 miliardi di euro per l’immissione in ruolo di tutti i precari (docenti e ATA) a partire da quelli con 3 anni di servizio ed una legge che crei un doppio canale di reclutamento, 13 miliardi di euro per un investimento pluriennale per la riqualificazione, la messa in sicurezza e l’ampliamento degli edifici scolastici e “7 miliardi di euro per un per un rinnovo contrattuale che preveda un congruo aumento degli stipendi per i lavoratori della scuola (i peggio pagati in Europa), più il necessario per un immediato riconoscimento economico relativo al maggiore impegno di docenti ed ATA svolto durante l’epidemia Covid”.
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