In questi ultimi giorni si parla sempre più spesso di Danilo Dolci, forse anche perché nel 1924 ricorre il centenario della sua nascita.
Non è facile definire la figura Danilo Dolci che è stato al tempo stesso sociologo ed educatore e che è particolarmente noto per il suo impegno nella lotta contro la povertà e l’emarginazione sociale in Sicilia durante gli anni ’50 e ’60.
Dolci, nato in provincia di Trieste nel 1924, si era trasferito nel 1952 in Sicilia dove ebbe modo di rendersi conto di persona delle gravi condizioni di povertà e ingiustizia sociale che affliggevano molte comunità dell’isola.
Dolci aveva una certa perplessità verso il termine “pedagogia”, preferendo invece parlare di “educazione”, riflettendo sulla distinzione tra potere e dominio.
In Sicilia fondò la “Città del Sole”, un centro di educazione popolare a Trappeto, un piccolo villaggio vicino a Palermo, dove offriva supporto agli abitanti locali, promuovendo l’alfabetizzazione, l’istruzione e la formazione professionale.
Il lavoro di Danilo Dolci evidenzia l’interconnessione tra pedagogia e impegno sociale, sottolineando l’importanza di un’educazione orientata verso fini etico-politici.
La sua pratica educativa rifletteva un’impostazione attiva e partecipativa, fondata sulla reciproca condivisione di conoscenze e sull’azione collettiva.
Danilo Dolci è stato spesso avvicinato a Gandhi e rappresenta un esempio di come l’educazione e l’impegno sociale possano convergere in un approccio pedagogico orientato alla reciproca condivisione e alla trasformazione sociale. La sua vita e il suo lavoro ci ispirano a considerare il potenziale trasformativo dell’educazione nell’affrontare le sfide della società contemporanea.
In questi giorni si è tornati a parlarne anche in relazione ai fatti di Pisa (per dialogare davvero con i giovani – dicono molti – ci vorrebbe un altro Danilo Dolci).
Una delle sue più celebri proteste si ebbe proprio quando egli arrivò in Sicilia e venne innescata dalla presa di coscienza delle drammatiche condizioni in cui vivevano molte famiglie del palermitano.
Ad un certo punto Danilo Dolci decise di digiunare sul letto di Benedetto Barretta, un bambino morto a Trappeto a causa della denutrizione.
La protesta prevedeva che, in caso di morte di Dolci, si sarebbe messa in moto una vera e propria “staffetta” di altri abitanti di Trappeto pronti a prendere il suo posto fino a che le istituzioni non avessero provveduto ad intervenire.
L’iniziativa ebbe una risonanza straordinaria e Danilo Dolci attirò l’attenzione internazionale e ricevette solidarietà da intellettuali come Norberto Bobbio e Jean-Paul Sartre.
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