Invece di fare ridicole e fantasiose promesse di aumento degli stipendi degli insegnanti, i partiti politici che volessero davvero recuperare un rapporto con un mondo della scuola massacrato da venticinque anni di “riforme” neoliberiste dovrebbero prendere posizione con la massima chiarezza su tutto ciò che è stato fatto e si vuole ancora fare per distruggere quello che era uno dei sistemi di istruzione pubblica migliori del mondo, e cioè:
– la cosiddetta “autonomia” introdotta dal 1997 con il ministero di Luigi Berlinguer, che ha trasformato la scuola democratica, inclusiva e di qualità degli anni ’70-’90 in una serie di para-aziende e progettifici;
– la “riforma” Gelmimi, che ha sottratto quantità enormi di risorse alla scuola pubblica, attraverso il taglio di ore disciplinari e di intere discipline e con la creazione delle “classi pollaio”;
– la cosiddetta “Buona scuola” renziana, costruita attorno all’idea di un dirigente-manager dai pieni poteri da utilizzare per imporre al corpo docenti i diktat della burocrazia ministeriale, contro ogni idea di collegialità democratica; la stessa “Buona scuola” che con l”alternanza scuola lavoro” obbligatoria ha cancellato un principio frutto di secolari battaglie democratiche, quello per cui tutte le persone in crescita hanno diritto a un tempo libero da incombenze lavorative, da dedicare esclusivamente all’alfabetizzazione, all’istruzione e alla propria crescita umana e culturale; e che con il “potenziamento” ha reciso il legame tra l’insegnante e l’insegnamento di una disciplina, tra l’insegnante e la classe, per ridurre molti docenti a tuttofare impiegatizi;
– le “riforme” del ministro Bianchi, in primo luogo quella fondamentale del reclutamento e della “formazione” degli insegnanti. Questi ultimi non sono più chiamati a coltivare un’ampia preparazione culturale e disciplinare e ad aggiornarla di continuo per avere qualcosa di valido da proporre ai propri studenti, ma diventano ubbidienti esecutori di una buro-pedagogia di Stato, incentrata sulle formulette vuote del didattichese, senza più alcun rapporto con conoscenze e contenuti culturali. Sull’imposizione di metodologie astratte e di moda, in spregio al principio costituzionale della libertà di insegnamento (indispensabile per adattare ciò che si fa in classe alla situazione educativa e agli studenti che si hanno di fronte), vigilerà l’orwelliana “Scuola di alta formazione”, un carrozzone introdotto con il decreto legge 36, utile solo a distribuire posti di potere e stipendi di centinaia di migliaia di euro annui ai propri dirigenti, alla faccia delle vere esigenze della scuola. E poi, sempre con il ministro Bianchi, abbiamo avuto tra le altre cose l’ampliamento della “sperimentazione” sulla quadriennalizzazione delle scuole superiori e quella sulle demenziali “competenze non cognitive”;
– i progetti di autonomia differenziata, che puntano a sfasciare il sistema nazionale di istruzione, “organo costituzionale della democrazia” capace di “trasformare i sudditi in cittadini” (Calamandrei), per farlo diventare un “servizio” privatizzato per un’anonima “utenza” di clienti.
Gruppo La nostra scuola, Associazione Agorà 33