Categorie: Personale

Manovra bis, niente tagli ma penalizzato chi va in pensione

Niente tagli alla scuola, come del resto alla ricerca, alla sanità ed alla cultura. Lo ha assicurato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, presentando la manovra bis di ferragosto all’indomani della sua approvazione in Consiglio dei ministri. Eppure, a ben vedere, il personale della scuola non è del tutto esente dal provvedimento estivo intrapreso dal Governo per spingere all’indietro un debito pubblico da record (1.900 miliardi di euro) e venire nel contempo incontro alle richieste pressanti della Bce: stavolta a pagare non saranno docenti e Ata in entrata, i precari, ma quelli in uscita: il personale, cioè, in procinto di andare in pensione.
Sinora ai dipendenti della scuola, a causa delle esigenze del calendario scolastico che permette l’avvicendamento del personale solo all’inizio di ogni anno scolastico, era stato risparmiato l’allineamento della finestra pensionistica agli altri dipendenti del pubblico impiego: il comma 21 dell’art. 1 delle ‘Disposizioni per la stabilizzazione finanziaria’ comporta lo slittamento “all’anno successivo” della data oggi utile per lasciare definitivamente il servizio: la norma vale sia per la pensione di vecchiaia sia quella di anzianità e stando alle quote degli ultimi tempi coinvolgerà circa 25-30mila dipendenti l’anno. Per andare in pensione, in pratica, dovranno attendere altri 12 mesi. 
Ma le cattive notizie non finiscono qui. E  coinvolgono sempre i “pensionandi”; anche se in questo caso solo a quelli che chiederanno di andare via anticipatamente, accedendo così alla pensione di anzianità. Ebbene, per percepire il trattamento di fine rapporto non dovranno attendere i canonici 6-9 mesi, ma ben due anni dalla data di termine del rapporto di lavoro. Poiché nel pubblico impiego circa la metà dei pensionamenti sono di questo tipo, pari al 2% dei 3 milioni e mezzo di assunti, viene da sé che il numero di ex dipendenti coinvolti è tutt’altro che irrisorio: almeno 60.000 l’anno. Ed in questo modo, trattenendo la liquidazione, che nel pubblico impiego è pari a circa 65 mila euro, lo Stato potrà gestire per due anni cifre non proprio irrisorie.
In attesa di avere delucidazioni, attraverso una scheda tecnica della manovra bis, sull’eventuale decurtazione della tredicesima per scarsa produttività anche ai dipendenti pubblici (rimane molto remota comunque la possibilità che possa riguardare anche quelli della scuola), fa discutere l’ennesima sforbiciata agli enti locali: un provvedimento andrà a colpire il diritto allo studio universitario (di competenza delle regioni) ma anche dei finanziamenti che riguardano l’istruzione pubblica (come ad esempio la formazione professionale o i corsi di alternanza scuola-lavoro nei professionali e tecnici. Il personale della scuola sarò invece esente dalla tassa sui super-redditi: per quanto riguarda quelli oltre i 90.000 euro non toccherà alcun dirigente scolastico, ma riguarderà certamente ispettori tecnici e molti dirigenti (anche di seconda fascia) degli Uffici scolastici regionali; la tassa sui redditi over 150.000 euro annui riguarderà invece i direttori generali (compresi i direttori degli Usr).
Per il ministro Gelmini questi provvedimenti sono così marginali che non meritano nemmeno di essere menzionati. “E’ una manovra certo severa – ha commentato il responsabile del Miur – ma improntata all’equità, al rigore e allo sviluppo. Difende i risparmi, le pensioni e gli stipendi degli italiani. Non tocca la sanità, la scuola, l’università e la ricerca. Non aumenta l’Iva e non inserisce la patrimoniale. Aggredisce invece i costi della politica e degli apparati”.
Di parere opposto Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, che si sofferma sul congelamento “per due anni delle liquidazioni. Tra i provvedimenti ingiusti sulle pensioni – continua – si estende anche alla scuola la finestra di uscita per i pensionamenti che significherà 12 mesi in più di lavoro. I tagli pesantissimi su Regioni ed enti locali avranno effetti disastrosi sul sistema d’istruzione già devastato dai tagli epocali del duo Gelmini-Tremonti. Ora basta! La crisi devono pagarla chi ha accumulato in questi anni enormi ricchezze. Metteremo in campo risposte di lotta durissime fino alla richiesta dello sciopero generale per cacciare un Governo – conclude il sindacalista – moralmente impresentabile” Il 22 Ottobre Flc-Cgil e Fp-Cgil hanno già promosso una manifestazione nazionale. Ancora più solleciti quelli dell`Usb, che ha indetto uno sciopero di due ore per tutto il pubblico impego il 9 settembre, rinnovando anche l’appello a tutti i sindacati a “costruire al più presto assieme lo sciopero generale e generalizzato”.

Alessandro Giuliani

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