Una delle mamme influencer componenti del duo celebre sui social Mammadim***a, dopo aver lanciato la petizione per modificare il calendario scolastico, è tornata alla carica criticando stavolta il contenuto della Legge di Bilancio 2024 del Governo Meloni.
In particolare ha commentato, a La Stampa, il fatto che il sostegno alla natalità dovrebbe scattare a partire dal secondo figlio. È alle madri di almeno due figli, fino a quando il secondogenito non ha compiuto i dieci anni di età, che è destinata la decontribuzione.
“Si parla di aiutare le donne, ma in concreto la decontribuzione riguarda esclusivamente chi ha due figli o più. Tutte le altre vengono escluse e penalizzate, come sono escluse e penalizzate le lavoratrice autonome. Aspettiamo di leggere il testo definitivo, ma al momento mi sembra una manovra non completa, ma quanto meno perfettibile. Il sostegno dovrebbe essere garantito a tutte, non riservato ad alcune”, ha detto.
“Servono più asili, prima di tutto. Stavamo per perdere i soldi del Pnrr per costruire di nuovi e raggiungere gli obiettivi di Barcellona, che è un posto ogni tre bambini. A chi giova l’asilo gratuito? A chi i bambini già li ha, ma questo non sposta nulla dove i servizi non esistono, non va a incidere né sulla natalità né sull’occupazione femminile. Dove le donne lavorano di più, fanno più figli. Ma se ne faccio uno e non ho il nido, sono messa in croce al lavoro o addirittura devo lasciarlo, allora io il secondo non lo farò mai. Escludere chi ha un solo figlio non ha nessuna ricaduta pratica, è illogico. Maternità e natalità non si supportano con bonus, ma con riforme strutturali dove c’è un problema sistemico”.
“Ma se rileggiamo le dichiarazioni della premier Meloni, allora parlare di ‘contributo alla società’ assume decisamente un altro sapore, un altro significato. Mi sembra di vivere in un’altra epoca, quando alle donne venivano date le medaglie se avevano più figli e l’aborto per il codice Rocco era un reato contro l’integrità e la sanità della stirpe. Se da donna contribuisci alla società con almeno due bimbi, allora mi ha assegnato un mandato sociale molto chiaro: stare a casa e fare figli”, ha aggiunto.
“Il calendario scolastico era stato studiato per consentire ai bambini di aiutare i genitori nei campi, va rimodulato. Siamo ancora fermi all’Ottocento e alla riforma agricola. Siamo il paese europeo con più giorni di frequenza scolastica ma siamo il Paese che chiude per più settimane consecutive la scuola“.
“Questo comporta una perdita di competenze enorme per i bambini, si parla di summer learning loss. A settembre assistiamo ad una ripresa lenta e a singhiozzo, si riprende a pieno ritmo circa due settimane dopo la riapertura. Chiediamo che le scuole restino aperte a giugno, a luglio con un’offerta formativa del terzo settore. Questo si porta dietro un ripensamento della didattica, che non può essere più statica, e dei luoghi dove fare scuola, una revisione dell’edilizia scolastica”.
“Questa chiusura prolungata accentua le differenze sociali: i figli delle classi agiate fanno viaggi di formazione, gli altri saranno parcheggiati a casa davanti la televisione o in strada. Il nostro è uno dei sistemi più stressanti del mondo, gli eccessivi carichi di lavoro concentrati nello stesso periodo di tempo, infatti, comportano effetti negativi non solo sul rendimento scolastico, ma anche sul benessere psicofisico”, così aveva scritto il duo sulla pagina della petizione volta modificare il calendario scolastico.
Una delle due, qualche tempo fa, su Instagram, ha deciso di trattare un altro problema annoso della scuola: l’alto numero di supplenti in cattedra. “Il focus della scuola non sono gli utenti, ossia i bambini. La continuità didattica non è un criterio per l’assegnazione delle supplenze”, si è lamentata.
Secondo la donna, inoltre, i genitori dovrebbero far sentire la propria voce e, perché no, valutare i docenti: “Sapere queste cose e provare a cambiarle è nostro dovere come tutori dei nostri figli, poi perché è un servizio che paghiamo e quindi abbiamo voce in capitolo. Io vorrei lasciare dei feedback. Tutti noi veniamo valutati per il lavoro che svolgiamo, perché non c’è valutazione a scuola, che eroga un servizio così delicato? Perché dobbiamo prendere tutto così come, cristallizzato, fermo al Novecento?”, ha concluso.
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