Aver fissato al 31 dicembre 2011 il termine per accedere alla pensione con i vecchi requisiti, e non al 31 agosto, non può rendere ragione al personale della scuola le cui cadenze temporali sono scandite, a differenza degli altri dipendenti pubblici, dall’anno scolastico e non dall’anno solare.
Manuela Ghizzoni, che aveva presentato lo scorso giugno un disegno di legge apposito per ovviare a tale discriminazione, il n. 5293, è sempre più determinata a non allentare la presa e a proseguire la battaglia in nome dell’equità. Per questo ribadisce ad Affari che il Governo Monti deve trovare il modo di correggere quella ‘stortura’ normativa con un equo provvedimento che tenga conto delle ordinanze favorevoli emesse, nel frattempo, da alcuni tribunali italiani.
Secondo l’on.Ghizzoni, alla luce degli sviluppi giudiziari che contemplano i verdetti favorevoli ai ricorrenti emessi dai Giudici del Lavoro di Siena, Torino e Venezia, dovrebbe essere “corretto l’errore contenuto nella riforma Fornero. La scuola, infatti, è l’unico settore del comparto pubblico che accede alla pensione un solo giorno all’anno, il 1 settembre, in virtù dell’articolo 1 del D.P.R. 351/98, che vincola la cessazione dal servizio «all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata». La riforma Fornero, fissando al 31 dicembre 2011 il termine della normativa previgente, non ha tenuto conto della specificità della scuola. Così circa 4000 fra docenti e personale Ata, che hanno iniziato l’anno scolastico 2011-2012 nella fondata convinzione di accedere al pensionamento il 1 settembre 2012, non sono potuti andare in quiescenza nonostante la maturazione dei requisiti necessari. Si tratta di un errore evidenziato esplicitamente nelle recenti ordinanze di alcuni magistrati del lavoro: ora tocca alla politica riconoscere di aver sbagliato e sanare quella disparità. I tribunali, come ho già detto in passato, non possono bastare”.
E sono arrivate invece: “reiterate “docce fredde”. Prima due bocciature dell’emendamento che si prefiggeva di ristabilire i diritti acquisiti dei pensionandi della scuola “traditi” dalla riforma Fornero. Poi la superficiale risposta del viceministro Martone alla nostra puntuale interrogazione che palesava la ragione giuridica della specificità della scuola anche in materia pensionistica – risposta che smentiva l’impegno precedentemente assunto. La bontà della richiesta è evidente e ora persino acclarata dai pronunciamenti di alcuni magistrati: ecco perché abbiamo presentato una proposta di legge ad hoc che potrebbe confluire nella proposta Damiano redatta per rispondere alle istanze dei lavoratori esodati esclusi o dimenticati dalla riforma Fornero. È una strada non facile da percorrere, visti i precedenti, ma la dobbiamo battere con fermo convincimento. Alla conferenza stampa di giovedì scorso, indetta dal gruppo del Pd della Camera, è stata prefigurata chiaramente questa eventualità”
Come spiegare allora la scelta del Governo che ha riconosciuto al personale della scuola la data del 31 agosto 2012 come termine utile alla maturazione dei requisiti con le vecchie regole ma ne ha limitato il riconoscimento ai soli docenti in esubero, escludendo i docenti non soprannumerari e tutto il personale Ata. Con l’approvazione di tale articolo non si è di fatto sancito quel diritto?
“ Questa norma”, spiega Ghizzoni, “sancisce inequivocabilmente la ragionevolezza della nostra richiesta di far slittare al 31 agosto 2012 il termine per la vigenza della normativa ante Fornero per chi avrebbe maturato la cosiddetta quota 96 nel corso dell’anno scolastico appena concluso. La limitazione degli effetti della nuova norma al solo personale docente soprannumerario è una mediazione “al ribasso” difficile da digerire, soprattutto perché nasce dalla presunta assenza di risorse. La cifra necessaria, per la verità, come dimostrano le coperture agli emendamenti da noi presentati e poi bocciati, è relativamente contenuta e non impossibile da recuperare. I diritti dei lavoratori in questione, pur nel difficile contesto economico-finanziario in cui versa il Paese, non possono essere a corrente alternata”
Incoerente apparirebbe allora il fatto che Profumo non abbia mai preso una posizione e infatti è mancata la sua incisività “verosimilmente, per condivisione del rigore montiano. Tuttavia, a maggior ragione dopo l’approvazione del comma 20 bis in favore dei docenti soprannumerari, non potrà non esserci una soluzione definitiva per tutti gli aventi diritto. È un obiettivo di equità a cui il governo non può e non deve sottrarsi”
Per quanto riguarda invece le previsioni per rendere giustizia ai circa 3mila docenti della “Quota 96, Ghizzoni pensa che “le sentenze possano essere di sprone per il ministro. Ma, più in generale, ritengo che siano utili a far riconoscere la fondatezza delle nostre ragioni e a farla diventare senso comune. Non è solo nei confronti del governo e delle forze politiche, in realtà, che occorre rivendicare l’esigibilità di un diritto “scippato”; ancor di più bisogna farlo nei confronti della società in generale, presso la quale alberga ancora un diffuso pregiudizio – convintamente alimentato dal precedente governo – sull’impegno e sulla professionalità dei lavoratori della conoscenza. Occorre accompagnare la richiesta di veder riconosciuto il diritto alla pensione con una grande campagna culturale, affinché la società comprenda l’importanza della scuola come presidio di democrazia e di crescita e sia nuovamente tributato ai professionisti che vi operano quel prestigio sociale di cui ancora godono in tutta Europa ma non – purtroppo – nel nostro Paese. I lavoratori della scuola hanno denunciato, con i loro ricorsi, una grana giudiziaria di non poco conto. E hanno fatto bene perché i tribunali hanno finalmente cominciato a far luce (e giurisprudenza) sulla «sfasatura» esistente fra le norme ordinarie della pubblica amministrazione e le norme peculiari della scuola, sulla “violazione” di quelle leggi non abrogate dalla riforma Fornero e sulla volontà del governo di non tenerne debitamente conto”.
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