Sono trascorsi 60 anni da quel terribile 8 agosto 1956, quando un incendio divampò nella miniera di carbone Bouis du Cazier, provocavando quello che sarebbe diventato il disastro di Marcinelle.
In Belgio, persero la vita 262 persone e se ne salvarono solo 12. La maggior parte era di nazionalità italiana, ben 136. Lavoravano per estrarre il carbone, il combustibile che all’epoca sarebbe servito per rilanciare l’economia dell’Europa che usciva dalla guerra.
L’accoglienza riservata agli italiani che abbandonavano la propria terra per assicurare un futuro alle proprie famiglie, in quegli anni era umiliante. In alcuni bar – racconta Paolo di Di Stefano, firma del Corriere della Sera e autore de “La catastròfa” (un romanzo verità sulla tragedia) – campeggiava il cartello con il divieto “nè cani nè italiani”.
Le condizioni di sicurezza nella miniera erano minime e solo dopo la sciagura si comprese il rischio che correvano i minatori.
I soccorsi arrivarono tardi, quando c’era poco da fare, davanti agli amici e parenti disperati delle vittime che avevano davanti il fumo che usciva dalle cavità sotterranee. Un giorno che le nuove generazioni hanno il dovere di conoscere e non dimenticare.
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