Oggi, 21 giugno, ha inizio ufficialmente la maturità 2023 con la prima prova d’italiano, scelta a livello ministeriale e uguale, per contenuti, per tutte le scuole. Ecco quali autori sono stati proposti agli studenti ad un passo dal diploma quest’anno.
Alberto Moravia con un brano tratto da Gli Indifferenti e Salvatore Quasimodo con Alla nuova luna, parte della raccolta La Terra impareggiabile. Uno dei temi proposti ai ragazzi è l’“Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp” di Marco Belpoliti, pubblicato nel 2018 su Repubblica.
Alle ore 8.30 il ministero ha comunicato la chiave del plico telematico, disponibile questo indirizzo https://www.istruzione.it/plicotelematico/primaprova.html
Tra le tracce di tipologia C, riflessione critica, c’è lo scritto di Marco Belpoliti, “Elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”. pubblicato nel 2018 su La Repubblica. Ecco il testo:
“Non sappiamo più attendere. Tutto è diventato istantaneo, in “tempo reale”, come si è cominciato a dire da qualche anno. La parola chiave è: “Simultaneo”. Scrivo una email e attendo la risposta immediata. Se non arriva m’infastidisco: perché non risponde? Lo scambio epistolare in passato era il luogo del tempo differito. Le buste andavano e arrivavano a ritmi lenti. Per non dire poi dei sistemi di messaggi istantanei cui ricorriamo: WhatsApp. Botta e risposta. Eppure tutto intorno a noi sembra segnato dall’attesa: la gestazione, l’adolescenza, l’età adulta. C’è un tempo per ogni cosa, e non è mai un tempo immediato. Il libro in cui il fisico Carlo Rovelli spiega cos’è il tempo (L’ordine del tempo, Adelphi) inizia così: “Mi fermo e non faccio nulla. Non succede nulla. Non penso nulla. Ascolto lo scorrere del tempo. Questo è il tempo. Famigliare e intimo”. Alla fine Rovelli ci dice che per la fisica quello che non esiste è proprio il presente, la dimensione della realtà cui siamo tutti legati.
“Attendere” significa rivolgere l’animo verso qualcosa. I suoi significati implicano ascolto, attenzione, applicazione, mantenere la parola data. La giornalista tedesca Andrea Köhler in L’arte dell’attesa (add editore), uscito da poco, ci ricorda come nel più grande vocabolario tedesco, il Dizionario Grimm, la locuzione “attendere qualcosa” compare solo nel XIV secolo, e per almeno quattro secoli non contiene complementi che manifestano il tormento d’attendere. Sarà il Romanticismo, e Goethe in particolare, a definire l’attesa “con desiderio”, “con impazienza” e persino “con dolore”. L’attesa d’amore comincia allora, ma è già un’altra storia, come ha spiegato Roland Barthes in Frammenti di un discorso amoroso: “Sono innamorato? – Sì, perché sto aspettando”.
L’innamorato sa attendere, ne conosce la passione e il tormento, come argomenta lo scrittore francese, perché il tempo dell’attesa è un tempo soggettivo, che confina con la noia e con il tedio. Lo scrittore austriaco Alfred Polgar l’ha detto in modo icastico: “Quando, alle dieci e mezzo, guardai l’orologio, erano solo le nove e mezzo”. Attendere significa non solo fremere, ma anche annoiarsi e Walter Benjamin ha sottolineato come questa attesa sia piena di promesse, ovvero creativa, dal momento che la noia è “l’uccello incantato che cova l’uovo dell’esperienza”.
Chi ha oggi tempo di attendere e di sopportare la noia? Tutto e subito. È evidente che la tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale nel ridurre i tempi d’attesa, o almeno a farci credere che sia sempre possibile farlo. Certo a partire dall’inizio del XIX secolo tutto è andato sempre più in fretta. L’efficienza compulsiva è diventato uno dei tratti della psicologia degli individui. Chi vuole aspettare o, peggio ancora, perdere tempo? Hartmut Rosa, un sociologo tedesco, ha spiegato come funziona questo processo contemporaneo in Accelerazione e alienazione (Einaudi). Rosa ritiene che il motore di tutto questo non sia tanto la tecnologia, che pure vi contribuisce, ma la competizione sociale: risparmiare tempo è uno dei modi più sicuri per partecipare alla grande competizione in corso nelle società occidentali. Sarebbe la circolazione sempre più rapida del denaro, creata dal capitalismo finanziario, a determinare l’accelerazione.
Eppure ci sono ancora tanti tempi morti: “Si prega di attendere” è la risposta che danno i numeri telefonici che componiamo quasi ogni giorno. Aspettiamo nelle stazioni, negli aeroporti, agli sportelli, sia quelli reali che virtuali. Attendiamo sempre, eppure non lo sappiamo più fare. Come minimo ci innervosiamo. L’attesa provoca persino rancore. Pensiamo: non si può fare più velocemente? Anche se chi organizza lo spazio dell’attesa – medico, avvocato, centro clinico – possiede i mezzi economici per renderlo piacevole, risulta comunque qualcosa d’irrisolto, d’interstiziale.
La verità è che noi non sopportiamo queste zone intermedie, gli spazi e i tempi in cui siamo costretti a esercitare la pazienza. Aspettare è vissuto come un’imposizione. I potenti fanno sempre attendere, dilatano il tempo d’attesa e mettono a dura prova. Perché è così insopportabile? Perché siamo diventati intolleranti, perché non sappiamo guardare al tempo futuro, perché non sappiamo differire. La verità è che l’attesa ha a che fare con l’unica cosa che ci spaventa davvero: la nostra morte.
Nell’attesa si sperimenta il tempo vuoto, che è l’immagine di un tempo futuro, quello vuoto di noi. Senza di noi. Per i filosofi, da Kierkegaard a Heidegger, questa sarebbe l’apertura verso l’autenticità, verso il pensare profondo. Acceleriamo per questo, riempiamo il tempo perché temiamo l’horror vacui. Kafka, Blanchot, Beckett, Handke e molti altri ce l’hanno detto. In Aspettando Godot dice Vladimiro: “Questo ci ha fatto passare il tempo”. “Sarebbe passato lo stesso”, gli risponde Estragone”.
La riflessione proposta con questo scritto riguarda la tecnologia e il nostro approccio alla vita, mediato da strumenti come WhatsApp. Ci si chiede: siamo ancora capaci di avere pazienza, di attendere, in un’era veloce, immediata, in cui tutto deve arrivare subito. “Chi vuole aspettare o, peggio ancora, perdere tempo?”.
Qual è il valore dell’attesa? Come si è modificata la nostra percezione del tempo? Si tratta di temi universali e trasversali su cui i maturandi potranno fare sicuramente moltissimi collegamenti tra autori, filosofi e proprie esperienze.
Marco Belpoliti è uno scrittore, critico letterario e italianista italiano nato a Reggio Emilia nel 1954. Come riporta Treccani, laureatosi in Lettere e filosofia presso l’Università di Bologna, discutendo una tesi in Semiotica con U. Eco, insegna Sociologia della letteratura e Letteratura italiana presso l’Università di Bergamo. I suoi interessi di ricerca si incentrano sulla letteratura italiana contemporanea, ha curato tra l’altro diverse edizioni delle opere di Primo Levi. Collaboratore delle pagine culturali de La Stampa e L’Espresso, con S. Chiodi ha fondato e dirige il sito culturale Doppiozero.com. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Settanta (2001), Doppio zero. Una mappa portatile della contemporaneità (2003), Crolli (2005), La prova, (2007), La foto di Moro (2008), Il tramezzino del dinosauro (2008), Il Corpo del Capo (2009), Senza vergogna (2010), Pasolini in salsa piccante (2010), La canottiera di Bossi (2012), Da quella prigione (2012), L’età dell’estremismo (2014), Primo Levi di fronte e di profilo (2015), La strategia della farfalla (2016), Chi sono i terroristi suicidi (2017), entrambi nel 2021, Pianura (Premio Comisso 2021) e il catalogo fotografico Photo Levi, e Pasolini e il suo doppio (2022).
Nel corso della nostra diretta: “Maturità 2023, ecco i commissari esterni: tutto pronto per il via”, è intervenuta la dott.ssa Flaminia Giorda, coordinatrice della Struttura tecnica esami di Stato del ministero dell’Istruzione e del Merito, fornendo alcuni dati interessanti sull’Esame di Stato 2023.
Quest’ultima ha anticipato qualche dato relativo ai candidati: quest’anno si presenteranno alla maturità oltre 536mila studenti. Le commissioni d’esame che saranno formate saranno 14mila, per un totale di quasi 27895 classi.
Ecco le dritte della coordinatrice rivolte agli studenti qualche giorno fa: “Innanzitutto leggete con attenzione tutte le tracce in modo da poter scegliere quella che riguarda l’ambito che meglio conoscete. Poi per prepararvi in questi giorni leggete qualche buon editoriale di un quotidiano oppure testi che vi interessano: non per prevedere l’argomento della prova ma soprattutto per capire com’è il modo più giusto per argomentare e motivare le vostre idee e le vostre convinzioni”.
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