Marco Lodoli, scrittore e giornalista, nonché insegnante nella scuola superiore, con un articolo sul Foglio del 30 luglio scorso, lancia la sua candidatura a ministro dell’istruzione, chiosando: “Se c’è da dare il proprio contributo, che sia concreto, reale, effettivo. E allora ecco come mi propongo: ministro dell’Istruzione”.
Finché arriva al nodo del suo pensiero: “Al lavoro a viale Trastevere dalle otto di mattina alle dieci di sera. Io che ho insegnato in periferia per quarant’anni e che tra poco sarò in pensione. Io sono la persona giusta, c’è poco da fare, so cosa funziona e cosa non funziona nella nostra scuola, conosco le qualità e i difetti e non devo rendere conto a nessun partito, a nessuna cordata. Volete che gli “intellettuali” si impegnino? Io sono pronto, anche se non sono un intellettuale, solo un ex professore dal primo settembre. La scuola chiede competenze anche all’ultimo degli studenti, a chi arranca e patisce e in qualche modo ci prova, però la politica non fa altrettanto. Prende un manager, un uomo di partito, uno scudiero e lo piazza nel ministero più importante per la formazione dei ragazzi, cioè per la formazione di un futuro più degno. Non va bene. Serve uno come me, che ho passato la vita tra i banchi e la cattedra. Volete una scuola migliore? Fatemi ministro, se avete coraggio. Non voglio firmare più nessuna petizione, voglio lavorare per il nostro paese”.
Come lui tuttavia, tanti altri docenti preparati e con lunga esperienza sarebbero disposti a ricoprire la poltrona di quel ministero, anche se, oltre alla competenza acquistata sul campo, occorre pure la sapienza delle mille leggi e norme che stanno ingolfando la scuola, mentre tra i tanti problemi covano pure gli eserciti precari, le malmignatte dei concorsi, le selve astruse di didattiche legnose, dentro cui solo pochi sono in grado di svelle arbusti e di passare con asce affilate, in prospettiva di un sentiero verso il riordino complessivo della scuola che, dopo quello della Gelmini, dovrebbe entrare nell’agenda del nuovo ministro.
Non basta dunque solo l’esperienza sul campo, sussurriamo a Lodoli, ma l’intelligenza delle normative, la sagacia di una visione complessiva dell’istruzione, dentro cui sicuramente solo in pochi sanno trovare strade percorribili e quasi unanimemente accettate.
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