Il voto numerico, scrive Rossi-Doria su La Stampa, è un modo, anche abbastanza grossolano, per segnalare cosa un alunno sa o non sa e cosa dovrebbe fare e se è in grado di apprenderla. Voto che nasce da “prove rigide, con i docenti a fare medie aritmetiche estenuanti su ogni item di sapere, fino ai decimali e poi o bocciati o promossi”. A questo punto la questione centrale è: se la paura della bocciatura sia davvero la leva più utile per apprendere.
“Quasi tutte le scuole psico-pedagogiche – anche grazie a estese ricerche, ripetute nel tempo e in ogni cultura – pensano il contrario. Noi bocciamo i più piccoli molto di meno dei francesi: 0,2 % alla primaria, 4,3% alle medie. Ma – attenzione! – ancora l’11,8% alle superiori. E bocciamo soprattutto durante la crisi adolescenziale (15-16 anni) e nelle aree del Paese più povere e povere d’istruzione. E la maggior parte di chi viene bocciato entra a fare parte del 17,8% di ragazzi che ritroviamo a 25 anni senza diploma né qualifica professionale; che hanno rare occasioni di recuperare, che faranno lavori con bassi contenuti di sapere o rimarranno inoccupati, con grave danno per loro, per lo sviluppo economico che è fondato sulle conoscenze, e per la coesione sociale”.
È vero, dice l’ex sottosegretario, che la scuola ha bisogno di quelle rigidezze e di quelle prospettive che tutti chiediamo, ma “non sarebbe meglio strutturare il sistema di conoscenze e competenze richieste per livelli, raggiungibili a scuola o anche dopo la fine della scuola senza dover per forza bocciare? Insomma, è possibile pensare a una scuola che abbia un sistema di bilancio partecipativo e di rigorosa certificazione delle effettive competenze sulla base del quale Francesca o Françoise sanno a quale facoltà o programma di apprendimento successivo andare con quanto già sanno o a quale potere andare solo se recuperano quel che non sanno? Ne vogliamo parlare anche noi?”
E parliamone, verrebbe di rispondere a Rossi-Doria, ma di fronte alle altre urgenze (precariato, classi pollaio, mancanza di risorse e di aggiornamenti, vecchiezze di personale, edifici cadenti, concorsi-bailamme e chi più ne ha più ne metta compresi stipendi, contratti, normativa ecc.) i problemi sollevati in Francia appaiono come le discussioni della Castalia hessiana