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Maria Montessori, donna nuova per un’umanità nuova

Abbastanza indicata sembra essere stata la data prescelta per il particolare momento di crisi della scuola italiana, oggi divenuta territorio di quotidiani disagi, assediata da tutte le parti, non solo dagli studenti, ma anche dai genitori e persino dagli insegnanti. Da tutti rinnegata. Dai politici, dall’intellighenzia, dagli studenti, dagli stessi insegnanti che forse sono i primi a non credere nella forza della sua azione.
La Montessori televisiva ha dimostrato che solo la scuola – quando vuole, se vuole – può educare l’uomo, riscattarlo dai condizionamenti delle false ideologie e dai fondamentalismi, dalle violenze e  dalle barbarie di cui la storia non sempre ha saputo fare a meno. Può educare l’uomo veramente ed, educando il bambino, educare l’intera società.
La fiction è sembrata, infatti, ben fatta per la scelta degli interpreti e quella dei vari momenti della vita della grande educatrice che si  sono voluti sottolineare, ma pure per l’impostazione che si è voluta dare all’intera vicenda umana e familiare della pedagogista italiana, intrecciata allo sviluppo della sua professionalità che ne ha fatto una degli intellettuali più apprezzati all’estero, non anche in Italia, di tutto il secolo scorso.
Il dramma delle vicende della ragazza madre agli inizio del secolo, breve per i tanti gravissimi avvenimenti, ha fatto da filo conduttore dell’esperienza sociale e pedagogica della grande pedagogista. 
In taluni momenti è persino sembrato che si volesse troppo indugiare sulle vicende familiari derivanti dal peccato commesso all’età su cui, come è noto, il velo si è tolto solo dopo alcuni decenni, affrontando l’argomento, per altro, sempre con circospezione e ..sottovoce.
Ma a fronte della grande conoscenza, considerazione e grande notorietà che di lei si ebbe all’estero, in Italia per una serie di motivi – non ultimo, sicuramente il primo, quel frutto  abusivo del suo amore che dovette a lungo nascondere perchè lasciata sola con se stessa anziché essere aiutata – si è concentrata l’attenzione su di lei solo in quanto pedagogista, educatrice e scienziata.
L’essere stata ideatrice e fautrice della pedagogia scientifica ha permesso, all’intellighenzia nostrana, di ignorare la Montessori donna, quella autentica donna che in effetti fu, se è vero, come è vero, che  tanto fece per l’infanzia bisognosa di aiuto perché nulla o poco poté fare per quell’infanzia che lei stessa aveva messo al mondo.
Lo sceneggiato televisivo, a ben ragione, indugia sulla vicenda umana che sicuramente viene prima del tanto enfatizzato metodo di cui tanto si è discusso, e si discute ancora, che ha rappresentato il caposaldo del suo pensiero e che non poteva, tuttavia, essere avulso dall’idea di educazione nuova per una società nuova e che, al postutto, è stata la sua più grande novità.
La sua figura, è stato scritto tante volte, ha arricchito non solo la storia della scuola, della pedagogia e di tutte le scienze collaterali, ma pure quella della umanità.
Questo è potuto avvenire perché Maria Montessori ha attraversato il secolo come donna… nuova, percorrendo un itinerario inusuale per il suo tempo e anche per tempi successivi.
La storiografia montessoriana ufficiale a lungo ha ignorato il contributo dato dalla grande educatrice all’emancipazione della donna, senza però diventare femminista, sempre restando donna che libera vuole contribuire alla libertà del bambino, padre dell’uomo, costruttore e perciò anche padre dell’umanità, pur essa libera.
Giustamente è risuonato anche nelle due serate televisive il suo messaggio del bambino padre dell’umanità e della civilizzazione, e maestro anche della sua stessa educazione cheancora oggi fa da epigrafe all’Opera Nazionale Montessori.
Padre dell’umanità, non in astratto, estemporaneamente, ma solo grazie ad un maestro che sia consapevole di svolgere una missione con la quale realizzare una vera e propria rivoluzione sociale come solo l’educatrice, che ebbe il coraggio di sbattere la porta in faccia al fascismo, seppe fare.
L’itinerario montessoriano va dal bambino, maestro di amore, all’adulto uomo di pace, quella pace che sicuramente ella non poté provare nell’animo, né intravedere nel suo secolo, ma di cui aveva parlato, e scritto, fin dal 1949, in tempi non sospetti.
Lo sceneggiato, in definitiva, ha sfatato lo stereotipo della Montessori solo donna di scuola, stereotipo costruito nell’immaginario collettivo anche da recto di quella banconota da mille lire, per anni nelle mani degli italiani, con i due bambini impegnati a studiare, ma ha sottolineato, nella scena del treno in partenza per abbandonare l’Italia, la sua morale attraverso le dimissioni dal suo incarico che quel vile servitore del fascismo dà, memore dell’educazione ricevuta da bambino.
Giuseppe Guzzo

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