Da mesi non si fa altro che parlare di scuola: i danni psicologici e sociali della chiusura , l’importanza della didattica in presenza, il ruolo sociale ed educativo della scuola,.. e così via.
A fine luglio abbiamo avuto le linee guida per una ripartenza in sicurezza: no agli assembramenti, banchi monoposto, entrate scaglionate, aerazione costante delle aule, igienizzazione regolare degli ambienti, distanza sociale.
Tutte misure importantissime. Peccato che manchi il coraggio di sostenere una regola essenziale: l’obbligo di indossare la mascherina durante tutta la permanenza a scuola e non solo quando in movimento, come di fatto ci viene richiesto di fare da mesi in tutti i luoghi chiusi che frequentiamo regolarmente.
E’ molto comprensibile perché nessuno si senta di rendere obbligatorio questa misura per i nostri ragazzi. Non è facile indossare la mascherina per lunghi periodi. Ne sanno qualcosa i nostri operatori sanitari e tutti i lavoratori che la stanno usando nonostante le temperature estive.
Ma dobbiamo avere il coraggio di chiedere l’obbligo per i nostri alunni “ grandi” della scuola superiore di primo e secondo grado.
Lo dovrebbero chiedere i sindacati, visto che la mascherina portata da tutti “ protegge me e protegge te” e potrebbe fare la differenza per i docenti che proprio giovanissimi non lo sono più e che sono indispensabili per la didattica in presenza.
Lo dovrebbero chiedere le associazioni di genitori per la sicurezza dei propri adolescenti e come strategia per garantire il più possibile la didattica in presenza.
Lo dovrebbero chiedere i nostri ragazzi per poter continuare ad essere a scuola a “ distanza fisica “, ma non sociale.
L’esperienza che sta vivendo la Germania dove non è stato reso obbligatorio l’uso della mascherina a scuola potrebbe esserci utile per evitare lo stesso errore ed avere il coraggio di una misura faticosa , ma necessaria.
Obbligare all’uso non significa non poterla abbassare ogni tanto quando seduti e in distanziamento fisico e se questo sacrificio ci permetterà di stare a scuola penso che ne valga la pena.
Maria Besozzi
Mamma e docente di scuola superiore di primo grado
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