A volte, si sa, la realtà supera l’immaginazione. Ma quando la sopravanza di anni luce si resta inevitabilmente basiti, storditi.
Da ieri la mascherina è tornata a essere obbligatoria anche all’aperto e, a maggior ragione, in qualunque luogo chiuso aperto al pubblico. Negli uffici, nei negozi, nei bar: quasi ovunque. Sono escluse solo le abitazioni, ovviamente, come ha detto il premier. Che si è dimenticato però di aggiungere un luogo in cui stanno solo 10 milioni di italiani: le scuole.
Una banale dimenticanza a cui ha sopperito con solerzia il ministro Azzolina: nella scuola tutto resta uguale, perbacco. C’è il metro di distanza, no? Basta e avanza, diamine, come garanzia.
Poi lei “ha molto visitato le scuole”, come ha detto da Mentana, e ha visto che gli alunni rispettano ossequiosamente le regole. Nessun problema, quindi. E l’impennata spaventosa dei contagi nel Paese? Suvvia, ma che vuoi che sia…quisquilie.
Quindi, in definitiva: mentre il governo dice che se cammini per strada, lontano anche decine di metri da altre persone, devi indossare la mascherina – benissimo – ebbene, lo stesso governo e il suo ministro dell’istruzione ti dicono che in un ambiente chiuso con 25 persone in 40 metri quadrati si può non indossare la mascherina.
Come commentare? Irrazionale? Assurdo? Pazzesco? Kafkiano? O forse nulla di tutto questo?
Già, perché la verità è che un aggettivo adeguato a descrivere questa situazione non c’è, nel pur ricchissimo vocabolario italiano: bisognerebbe inventarlo.
Intanto, però, in trincea ci sono gli insegnanti, attualmente la categoria di lavoratori italiani più esposti al rischio Covid.
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Sergio Mantovani
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