L’eta’ media per l’accesso alla pensione nel privato e’ stata di 61,3 anni, un anno in piu’ rispetto ai 60,4 anni registrati nel 2011. L’età media e’ superiore di due anni rispetto alla Francia (59,3 anni) e vicina a quella tedesca (61,7 anni).
Nella vecchiaia si è avuta una vera e propria impennata dell’età media per i lavoratori autonomi (da 63,3 a 68,4 anni) a fronte di una caduta di quasi il 90% del numero degli assegni passati dai 32.939 dei primi sei mesi 2011 a 3.621 nei primi sei mesi del 2012. Se si guarda al complesso delle pensioni Inps (vecchiaia e anzianità) aumenta il divario tra l’età media alla decorrenza tra i lavoratori dipendenti e autonomi e raggiunge i due anni. Per i dipendenti si è passati da 59,9 anni nel 2011 a 60,9 anni nel primo semestre 2012 mentre per gli autonomi si è passati da 61,2 a 62,9 anni.
A scanso di equivoci non è superfluo sottolineare che la riforma Fornero non ha avuto alcun impatto di alcun genere sui risultati dell’Inps del primo semestre del 2012, poiché i suoi effetti sulle persone e quelli economici si cominceranno a sentire solo dal 2013. Il quasi dimezzamento delle nuove pensioni risente della finestra mobile (12 mesi di attesa per i dipendenti, 18 per gli autonomi una volta raggiunti i requisiti) e dello “scalino” previsto dalla riforma Damiano sempre per il 2011 per l’anzianità con le quote (da 59 a 60 anni l’età minima a fronte di almeno 36 anni di contributi). Piombano giù soprattutto i trattamenti per i lavoratori autonomi che, raggiunti i parametri nel 2011, sono stati costretti ad aspettare 18 mesi per il collocamento a riposo (-73,82% per le pensioni dei coltivatori diretti, -67,43% per gli artigiani, -64,84% per i commercianti). Per i lavoratori dipendenti il calo nel complesso è stato del 35,58% (da 103.043 trattamenti a 66.385). Punto dolente restano per Damiano le travagliate modifiche inserite nel momento peggiore della crisi, quando sono state abolite le quote «lasciando improvvisamente scoperte centinaia di migliaia di persone che rimangono anche per quattro o cinque anni senza stipendio e senza pensione».
Invece, per il presidente dell’ Inps A. Mastrapasqua ci troviamo di fronte ad un sistema sano con riforme che “hanno funzionato” e che il sistema previdenziale “é stato messo in sicurezza. Tutte le riforme hanno funzionato.
I dati di oggi si riferiscono alla Sacconi-Tremonti che ha introdotto la finestra mobile e il legame con l’aspettativa di vita. La riforma Monti-Fornero ha proseguito sulla linea Sacconi-Tremonti velocizzando la transizione. È stato messo in sicurezza il sistema previdenziale. È un segnale di stabilità del Paese”. I lavoratori della conoscenza sembra che non siano considerati dal presidente dell’Inps al quale ricordiamo che, a partire dal prossimo settembre andranno in pensione 21.114 docenti che, ai sensi riforma voluta dal ministro del Welfare, al 31 dicembre 2011 avevano già maturato i requisiti previsti.
Nella riforma Fornero l’avere posto questo termine per la conservazione di requisiti precedenti al 31 dicembre senza considerare la specificità della scuola (che usufruisce di una sola finestra di uscita al 1° Settembre) rappresenta una discriminazione e un’ingiustizia.
E’ bene comunque tenere gli occhi ben aperti e la mente vigile perché spesso ci vengono raccontate come vere molte teorie fantasiose che la realtà dei fatti smentisce. Gli esodati ad esempio sono persino irrisi dalle cifre pubblicate dall’Inps perché le risorse per loro ci sono, basterebbe evitare di stornarle dalla previdenza per destinarle ad altro. I soldi dell’INPS finiscono giustamente alle industrie (per le ore di cassa integrazione) ma vengono utilizzai per coprire buchi di bilancio dello Stato o per finanziare le banche in difficoltà.
Dopo questi dati “positivi” dell’Inps, forse tutti la finiranno di dare la colpa ai pensionati per la crisi generale. I mercati saranno certamente soddisfatti dei dati dell’ Inps ma i pensionati continueranno a fare la spesa ai “mercatini”.
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