Ieri e oggi si tiene a Firenze il convegno, organizzato dalla sezione toscana di Anp e da Indire, intitolato “Ancora oggi dopo mezzo secolo… La riforma im/possibile dei decreti delegati del 1974”, sulla scuola e sul disagio giovanile. Come riporta La Nazione, ci sono stati alcuni interventi interessanti relativi alla giornata di ieri.
Lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet, ad esempio, ha detto: “I ragazzi di oggi inseguono i valori narcisistici che respirano anche in famiglia: vogliono diventare belli, ricchi e famosi. E certo la scuola non può aiutarli in questa loro ‘ricerca’. Per questo i giovani non vedono più nell’istruzione quel ruolo di guida”.
Illuminanti anche le parole di Paola Mastrocola, docente e scrittrice: “La nostra società agiata esalta i valori dello svago, del divertimento, degli apericena. Tutto bellissimo, per carità, ma ecco che la scuola non funziona più. Perchè mai i nostri figli dovrebbero soffrire sui banchi? I docenti sono sempre più demotivati perchè il loro ruolo è diventato schizofrenico. L’insegnante deve essere anche psicologo e assistente sociale. Gli si chiede di supplire alle lacune educative soprattutto delle famiglie. Siamo passati dalla scuola dell’educazione a quella della cura”.
“Scuola ormai significa aiutare e proteggere i ragazzi. Capisco di sostenere chi è in difficoltà, ci mancherebbe, ma le montagne da scalare vanno lasciate, altrimenti si perdono gli stimoli. Per la paura che un ragazzo non ce la faccia non si chiede più di scalare alcuna montagna. Ma così non si privano i giovani della gioia di avercela fatta?”, ha aggiunto.
A partecipare anche il sociologo Luca Ricolfi: “La rimozione sistematica di ogni tipo di difficoltà, di ostacolo o di vincolo ha creato una gioventù impreparata ad affrontare la vita”. Lo studioso ha evidenziato “l’iper-protezione da parte dei genitori” e poi “i danni causati dalla tecnologia”, argomento molto dibattuto in questi giorni dopo la denuncia del sindaco di New York. In particolare, Ricolfi parla dell’avvento dell’iPhone4, nel 2010, come di “un salto tecnologico, fatto di telecamera incorporata nel cellulare”, che ha finito per “cambiare completamente la condizione giovanile”.
Insomma, con l’avvento dei selfie, tutto è cambiato. In peggio. “Sono successe cose molto inquietanti”, afferma Ricolfi. “Gli studiosi parlano di una epidemia internazionale di malattie mentali. Alla base di tutto? La competitività. Ma non certo a scuola. Soprattutto le ragazze entrano in crisi perchè la loro immagine non rispecchia quegli standard di bellezza che viaggiano sui social. Dopo il 2010-2011 i suicidi hanno subito una impennata a livello globale. Sono soprattutto le ragazze a soffrire. E il collegamento con le nuove tecnologie è lampante. La crisi economica in quel biennio era superata. Eppure, soprattutto nei paesi considerati più civilizzati, dove il nuovo smartphone dei desideri ha subito sfondato, la curva dei suicidi si è impennata. Così come le diagnosi di depressione e ansia”, ha concluso.
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