Le nuove tecnologie fanno miracoli: possono anche cancellare una volta per tutte le croniche paure di non comprendere il vero senso della matematica. Come dei recenti videogiochi, che muovendosi al ritmo della musica, grazie a dei sensori, spazzano via tutte le avversità contro quella che da sempre è considerata la “bestia nera” di almeno tre quarti degli studenti. Attraverso un metodo puramente empirico, utilizzando delle applicazioni per Smartphone utilizzabili a scuola e a casa, la disciplina diventa così molto più comprensibile.
Tutto è nato con il progetto weDraw, coordinato da Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e Università di Genova e finanziato nell’ambito del programma di ricerca europeo Horizon2020: l’iniziativa è stata presentata il 23 marzo a Roma, nel corso del convegno “Motivare, Coinvolgere, Divertire con la Matematica” 2018, che ha riunito alla facoltà di Economia dell’Università La Sapienza 800 insegnanti di matematica delle scuole di tutti gli ordini e gradi per la giornata formativa organizzata da DeAgostini Scuola con Iit, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e Microsoft.
“Con applicazioni per smartphone utilizzabili a scuola e a casa – hanno spiegato all’Ansa alcuni ricercatori di weDraw – gli studenti possono misurare ampiezza di angoli, frazioni e figure geometriche disegnandole nello spazio. Il progetto è utile, ad esempio, anche per bambini ipovedenti perché sfrutta sensi diversi”.
“L’aspetto principale dell’insegnamento – ha datto ancora all’Ansa l’astrofisico e divulgatore Luca Perri – non è fornire nozioni. Bisogna invece parlare ai ragazzi in modo comprensibile e mostrare loro quanto la matematica, e la scienza in generale, non siano così astratte, noiose e lontane dalla nostra vita come possono apparire fra i banchi di scuola o in una formula. Ad esempio, si può spiegare agli studenti che i cellulari sono figli delle missioni Apollo sulla Luna”.
Dello stesso avviso si è detto anche Giorgio Bolondi, docente di didattica della matematica alla Libera Università di Bolzano, che ha spiegato come “l’insegnamento sia spesso troppo irrigidito su aspetti formali. La sola lezione frontale – ha aggiunto – in matematica non funziona, perché questa disciplina non è una trasmissione di formule ma deve accendere la curiosità e far riflettere”.
“E il gioco è utile. L’apprendimento ripetitivo – ha concluso l’accademico – porta infatti a dimenticare i concetti”.
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