I riposi giornalieri “per allattamento” previsti dal Testo Unico sulla Maternità e Paternità (D.Lgs 151/2001) spettano al padre lavoratore dipendente anche se la madre è casalinga.
Questa è la recentissima decisione del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, espressa con sentenza n. 17 del 28 dicembre 2022.
L’articolo 39 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 dispone:
“1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.
3. I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa».
Il successivo articolo 40 prevede:
«1. I periodi di riposo di cui all’articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermità della madre».
L’articolo 41, infine, con riferimento ai parti plurimi, prevede:
«1. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dall’articolo 39, comma 1, possono essere utilizzate anche dal padre».
Il Collegio, in particolare, si è espresso sulla corretta interpretazione dell’art. 40, comma 1, lett. c) del d.l.gs 151/2001, relativo alla facoltà spettante al padre lavoratore dipendente di fruire dei riposi giornalieri in presenza del figlio minore di anni uno; nel caso specifico la richiesta di chiarimento riguarda l’espressione “nel caso non sia lavoratrice dipendente”, riferita alla madre: tale frase si rifersice a qualsiasi categoria di lavoratrice non dipendente, e quindi anche alla “casalinga”, oppure solo alla lavoratrice autonoma o libero-professionista?L
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato il seguente principio di diritto: “l’articolo 40, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, intende riferirsi a qualsiasi categoria di lavoratrici non dipendenti, e quindi anche alla donna che svolge attività lavorativa in ambito familiare; pertanto perché il padre possa godere, (articolo 40, lett. c), dei periodi di riposo durante il primo anno di vita del bambino occorre solo il duplice presupposto che questi sia un lavoratore dipendente e che la madre non lo sia, null’altro essendo previsto dalla legge: l’interpretazione opposta – volta ad escludere dall’applicazione i casi in cui la madre sia ‘casalinga’ – risulterebbe in contrasto col testo della legge”.
Questo significa che il padre lavoratore dipendente ha diritto a richiedere i permessi giornalieri se la madre non è lavoratrice dipendente, intendendosi rientrante in questa categoria anche le mamme casalinghe.
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