Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oggi a Casal di Principe, conosciuto come roccaforte del potente clan dei Casalesi, per ricordare Don Diana che la camorra uccise mentre diceva messa, alle 7.30 del mattino.
Il capo dello Stato inizia la sua giornata casalese davanti alla tomba di don Diana, dove incontra i fratelli del parroco antimafia, e poi si è recato all’istituto tecnico Carli dove il prete insegnava.
Qui era atteso dagli studenti e dai docenti emozionati, pronti a dargli in dono l’olio delle olive che coltivano in modo sperimentale da qualche anno e infine un pranzo al ristorante Nco: Nuova cucina organizzata, una realtà che esiste dal 2007 in via Giacosa e che dà lavoro anche ai disabili. Perché a cucinare e a servire ai tavoli in una villa confiscata al boss Mario Caterino e gestita da una cooperativa sociale, ci sono ragazzi ‘svantaggiati’.
“La politica sia autorevole nel dare risposte alle emergenze e ai problemi socio-economici dei territori”, ha esordito il presidente della Repubblica. “La mafia è violenza ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione”.
“Le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà”, ha proseguito, “le mafie sono presenti in tutte le attività più turpi e dannose per la comunità: la prostituzione, il traffico di esseri umani, di rifiuti tossici, il caporalato, il commercio di armi, quello strumento di morte che è la droga, lasciando nel territorio povertà e disperazione”.
“La solidarietà, l’inclusività, l’arte, la cultura, l’allegria sono antidoti alla mentalità mafiosa, che prospera nell’ignoranza, nel disprezzo degli altri, nella paura”. Il capo dello Stato ha quindi ricordato Antonino Caponnetto, “un grande magistrato, conoscitore dell’organizzazione mafiosa”, il quale “soleva ripetere che ‘i mafiosi temono di più la scuola che i giudici, perché l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa'”
Alla fine Mattarella si è congedato dai ragazzi, dicendo: “Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia. Dovete essere fieri di vivere in questa città che ha saputo avere questa rinascita. Ricordate sempre che siete la generazione della speranza quella cui don Diana ha passato il testimone legalità. Auguri”.
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