A distanza di tre anni dal suo approdo a Palazzo Chigi, Matteo Renzi riparte dalla Scuola: lo ha detto domenica 23 aprile, parlando in diretta Facebook.
“Se il 30 aprile o dopo vincerò la sfida per la segreteria, la prima iniziativa sarà dedicata alla Scuola: ho intenzione di ripartire da un tema dove il dente duole”, ha spiegato da Pontassieve l’ex presidente del Consiglio, che aveva avviato la sua avventura da premier visitando una volta a settimana una scuola diversa.
Renzi, che dovrebbe essere confermato alla guida del Pd, non lo ha mai nascosto il suo rammarico per una riforma su cui il suo Governo ha tanto investito, riscuotendo però un’enormità di dissensi: “abbiamo speso più di tre miliardi per la scuola per riuscire a scontentare tutti”, ha ammesso in più occasioni nei mesi scorsi.
Il fatto stesso che il Miur, passato da Stefania Giannini a Valeria Fedeli, sia stato l’unico ministero a cambiare responsabile, nel passaggio del Governo dall’ex sindaco di Firenze a Paolo Gentiloni, ha rappresentato un segnale chiaro di volontà di cambiare rotta sul comparto. Senza pensare, però, di cancellare la Legge 107/2015.
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Ora, con il Renzi-bis alla guida del Partito Democratico, si vuole continuare nella strada del recupero del rapporto con il personale e, anche, a livello di opinione pubblica. Lo stesso passo indietro sulla chiamata diretta, con il ministro Fedeli che sembrerebbe avere in parte ceduto alle richieste dei sindacati, dando al collegio dei docenti una forma di indirizzo importante nei criteri da adottare in ogni scuola, va in questa direzione.
Ma la nuova linea abbraccia anche gli studenti. “Dobbiamo ripartire dal tema della disuguaglianza tra bambini: quando nascono i bambini in alcuni luoghi, c’è chi mi dice si può prevedere che fine fanno nove di loro su dieci. E questo non è accettabile”, ha detto sempre Renzi su Facebook, facendo presagire nuove norme sul fronte della lotta agli abbandoni scolastici.
Facendo così intendere nuove misure per combattere gli addii dai banchi, presenti in misura elevata in alcune aree del Meridione, e per allargare il diritto allo studio ai giovani appartenenti a famiglie indigenti, collocate spesso in territori con scarse opportunità e servizi, dal destino che nel 2017 rimane ancora troppo spesso praticamente segnato.
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