Vorrei lanciare un appello ai ragazzi che stanno facendo gli esami di maturità, e indirettamente ai docenti che sono chiamati a interrogarli e a valutarli.
Perché utilizzino questo momento, che ricorderanno nella loro vita, per mostrare un po’ di quella intelligenza che, troppe volte, le nostre prassi farraginose rischiano di affogare.
Parlo della cosiddetta “tesina” che sono tenuti a presentare all’orale della maturità.
Lo stesso appello era stato lanciato, di recente, anche dalla preside dell’Itis Severi di Padova.
Invece, cioè, di pretenziosi “approfondimenti”, con richiami a diverse “materie”, con agganci troppe volte improbabili tra una disciplina e l’altra, che presentino – questo l’appello – una traccia di un percorso personale di analisi o di studio su un tema che, secondo loro, merita l’attenzione, anche una bella discussione. Non abbiate paura di essere liberi, cioè di pensare positivo.
Se il caso, basta anche il richiamo, nella vostra presentazione, ad una sola materia, su un argomento sentito, vissuto, che meriti condivisione.
Non c’è scritto, infatti, da nessuna parte che queste “tesine” debbano contenere più materie, che debbano dimostrare chissá che cosa.
La norma prevede, cari ragazzi, che possiate decidere l’argomento di partenza del vostro colloquio di maturità. Nulla più. Un argomento, dunque, che potete costruire e presentare secondo la vostra sensibilità, inclinazione, preparazione.
Avete la possibilità, il diritto-dovere, di mostrare cuore e intelligenza su un argomento che vi ha appassionato. Fatelo, senza remore.
Valgono più questo cuore e questa intelligenza che i mille nozionismi.
E, mi raccomando, non scopiazzate idee e “tesine” altrui. Ma siate voi stessi.
L’esame di maturità, ve lo assicuro, vale soprattutto come “rito di passaggio” che ricorderete per sempre, cioè come la prima vera prova di una vita che ve ne proporrà di ben più complesse.
E valgono, lo ripeto, ora e per sempre, più il cuore e l’intelligenza di qualsiasi altra “performance”.
Questa è la “maturità” che noi vi chiediamo e ci aspettiamo.
“Dateci una testimonianza autentica del vostro e del nostro lavoro – sono parole della preside Vidale – restituite l’incontro che avete avuto con la scuola superiore, parlateci di un argomento che avete trovato sorprendente, difficile, inaspettato, dandoci prova di averlo capito apprezzato, attraversato, approfondito. È il vostro momento di insegnarci qualcosa».
Parole sante.
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