Il colloquio del nuovo esame di stato continua a far discutere, sia per la scelta dei materiali da mettere nelle buste, sia per i criteri di impostazione e conduzione.
Il colloquio tuttavia può essere la grande occasione per mobilitare le conoscenze, abilità e competenze dello studente, se si sviluppa un ragionamento coordinato e correlato, così da consentire un piacevole quanto sensato διάλογος.
Risponde così alle nostre domande Mavina Pietraforte, dirigente tecnico del Miur.
Fa parte del gruppo che prepara le tracce per la prima prova nazionale, attualmente dirigente dell’UST di Monza e coordinatrice degli esami di stato del II ciclo in Lombardia, autrice di due libri sulla legislazione scolastica, ed. Anicia e di numerosi articoli. Ecco cosa ha raccontato a La Tecnica della Scuola.
A che punto siete in Lombardia con la formazione sul nuovo esame di stato? Che cosa è emerso nei seminari per i presidenti di commissione?
In Lombardia è stato fatto un percorso di accompagnamento iniziare da febbraio, con un seminario di due giorni organizzato dalla scuola polo Liceo Crespi di Milano insieme con l’ufficio ordinamenti dell’USR Lombardia. A questo link i materiali pubblicati dalla scuola polo.
Nel mese di maggio è stato fatto un altro incontro seminariale con il prof. Serianni e il coordinatore nazionale, dott. Ettore Acerra. Il prossimo 17 giugno si terrà a Milano la riunione territoriale di coordinamento prevista dall’art. 13 dell’O.M 205/19, condotta da me in qualità di coordinatrice degli esami di stato del II ciclo in Lombardia, e altre se ne terranno presso ogni ufficio scolastico a cura dei singoli dirigenti degli UST.
La formazione fatta finora basterà a “garantire uniformità di criteri operativi e di valutazione”, obiettivo fondamentale indicato dall’OM 205/2019?
La formazione e le simulazioni sono state opera di disseminazione e di diminuzione dell’impatto delle novità, che affondano le radici nel dlgs 62/17, attuativo della L. 107/15, e che dunque erano ineludibili. In realtà, nel corso della formazione, si è specificato che le suddette novità sono la naturale conseguenza del riordino del 2010, a cui avevano fatto seguito le Indicazioni Nazionali per i Licei e le linee guida dei tecnici e dei professionali, che hanno segnato gli snodi fondamentali dei Pecup e dei risultati di apprendimento, come fonte ispiratrice di ogni programmazione e progettazione didattica, da condensare poi nel documento del 15 maggio. Ma più ancora della formazione, per “garantire uniformità di criteri operativi e di valutazione”, sono stati emanati appositi Quadri di riferimento per la valutazione per i tre ordini di scuola (licei, tecnici, professionali) con il DM 769/18. Con i suddetti Quadri di riferimento, sono state fornite indicazioni relative alla struttura delle prove d’esame, ai nuclei fondamentali e alla valutazione delle prove con apposite griglie, contenenti gli indicatori e i punteggi attribuibili per il raggiungimento del punteggio totale di 20. Le Commissioni devono solo declinare gli indicatori in descrittori di livello.
I dubbi riguardano soprattutto i materiali da mettere nelle buste e la conduzione del colloquio. In particolare, visto che ogni classe/commissione ha una media di 25 buste da preparare, quali indicazioni si possono dare per garantire omogeneità, pari grado di difficoltà e pari opportunità di partenza?
I materiali d mettere nelle buste devono essere degli spunti per il colloquio (foto, poesia, un brano in prosa) in coerenza con il documento del 15 maggio.
Le buste sono tre per ogni candidato perché vale il criterio statistico di n+2, con la busta estratta che non viene più utilizzata, mentre le altre sì. Per i candidati H e DSA non opera il meccanismo delle buste, che contiene materiali riferibili al documento del 15 maggio, perché nel loro caso il riferimento è al PEI o al PDP, come da art. 20 del dlgs 62/17, richiamato dal comma 8 dell’art. 19 dell’O.M. Per loro quindi i materiali saranno semplicemente predisposti in coerenza con il loro profilo differenziato e/o equipollente e sottoposti ai candidati. Il colloquio ancora oggi rimane ancorato a modalità di gestione molto spesso lontane da quell’interdisciplinarietà, che fin dalla riforma del 1999 si sarebbe voluta. Eppure il colloquio può essere la grande occasione per mobilitare le conoscenze dello studente, che, coniugate con le abilità acquisite, possano addivenire ad una prova di competenza, in cui discutere e dissertare in un ragionamento coordinato e correlato, così da consentire un piacevole quanto sensato διάλογος.
E sulla conduzione del colloquio, come tenere un’impostazione unitaria e trasversale rispetto ai quattro “momenti” e alla molteplicità delle discipline?
A partire dagli spunti scelti dal candidato, il colloquio si svolgerà in un’ottica pluridisciplinare e, pur articolato in diverse fasi (spunti iniziali, resoconto esperienze desumibili dai PTCO e dalle attività delle scuole in tema di C&C), l’impronta dovrà essere il più possibile unitaria. Sarà cura della Commissione predisporre una griglia in tal senso.
Riguardo a “Cittadinanza e Costituzione”, il decreto 62/2017 dice che “Il colloquio accerta altresì le conoscenze e competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a Cittadinanza e Costituzione”. Mentre il decreto del 18 gennaio 2019 scrive un po’ diversamente che “parte del colloquio è dedicata alle attività, ai percorsi e ai progetti svolti nell’ambito di Cittadinanza e Costituzione”. Sembra un alleggerimento. Cosa ci sta dietro a questa evoluzione normativa?
L’evoluzione normativa è rispettosa del fatto che C&C è un insegnamento trasversale, come da L. 169/09 e non ha una valutazione a se stante, e dunque le scuole si sono orientate in questi anni verso la promozione di attività e progetti che sviluppassero le competenze sociali e civiche riferite a tali insegnamenti. Riferirsi alle attività svolte, in sede di documento del 15 maggio, mette le scuole in grado di selezionare quali percorsi sono stati più significativi, anche svolti in anni precedenti.
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