La prova d’italiano dell’esame di maturità 2019 non prevede più quella di storia.
Il ministro Marco Bussetti ha giustificato l’eliminazione perché “non la faceva nessuno”.
Una scelta non calibrata, che non coglie il senso del rifiuto. Perché non ne è stata ricercata l’origine?
L’importanza culturale e la rilevanza orientativa dei nostri trascorsi sono indiscutibili.
La prova scritta d’italiano della precedente maturità era “intesa ad accertare la padronanza della lingua e le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato, consentendo la libera espressione della personale creatività.
Il candidato doveva realizzare, a propria scelta, uno dei seguenti quattro tipi di elaborati
c) sviluppo di un argomento di carattere storico, coerente con i programmi svolti nell’ultimo anno di corso;
Nella produzione dell’elaborato il candidato doveva dimostrare:
1) correttezza e proprietà nell’uso della lingua;
2) possesso di adeguate conoscenze relative sia all’argomento scelto che al quadro di riferimento generale in cui esso si inserisce;
3) attitudini allo sviluppo critico delle questioni proposte e alla costruzione di un discorso organico e coerente, che sia anche espressione di personali convincimenti.
L’origine del rifiuto era da ricercare:
· nell’inadeguatezza di programmi svolti nell’ultimo anno di corso,
· nell’assenza di adeguate conoscenze,
· nella mancanza di un quadro di riferimento generale,
· nell’assenza di un adeguato senso critico e nell’incapacità di sviluppare un ragionamento organico e coerente in ambiente storico,
· nell’inadeguatezza delle rielaborazioni personali.
Un’attenta amministrazione avrebbe fatto tesoro dell’accaduto e avrebbe studiato la rimodulazione dell’insegnamento della storia in funzione dell’orientamento del SISTEMA formativo/educativo.
Enrico Maranzana