Con l’ennesimo, titanico sforzo la nostra scuola ha affrontato l’ennesima, titanica sfida: far superare l’Esame di Stato dopo mesi di didattica a distanza con dignità e cura ai nostri ragazzi.
A quanto pare, anche stavolta l’ostacolo è superato e già si pensa alla difficile riapertura di settembre.
Vale la pena però, in questo momento di breve stasi, fare una riflessione su una parte significativa del colloquio sostenuto: l’analisi interdisciplinare da parte del candidato su un documento (foto, immagine, frase o quant’altro) proposto dalla commissione.
Il termine “interdisciplinarità” è di gran voga tant’è che lo si cita in tutte le istanze e in tutte le salse, ma come insegnante ritengo sia assolutamente necessario riflettere sulle reali valenze e ricadute di questa metodologia sulle spalle dei ragazzi e, perchè no, dei docenti.
Il concetto di base, cioè la relazione tra sapere scientifico e sapere umanistico, è antichissimo: “unità dei saperi” è la base della cultura classica e poi cristiano-medievale: la stessa Divina Commedia è una vera e propria Summa di tutto la scibile del tempo e non c’è bravo insegnante che non manchi di fare notare tutti i saperi ( filosofici teologici astronomico/astrologici letterari mitologici) del Sommo Poeta.
Con l’affermarsi del metodo scientifico sperimentale all’ideale di uomo “sapiente” si sostituisce quello di uomo “esperto”.
La temperie culturale postmoderna aumenta questo iato con la sua visione fallibilista della conoscenza e la sua concezione relativista del problema della verità.
Nonostante questo sempre di più si è affermata la tendenza a ricercare una connessione reciproca fra le varie discipline e questo dibattito recentemente si è affermato più in ambito scientifico che filosofico.
La scuola italiana ha da tempo accolto l’approccio multidisciplinare nella pratica didattica con i mezzi a sua disposizione ma non bisogna negare le difficoltà e le incertezze di questo approccio. Anzitutto, come spesso avviene anche durante l’Esame di Stato, correlare un singolo documento a tutte le materie sia scientifiche che umanistiche risulta non sempre attuabile e alla portata di un adolescente, col rischio di collegamenti forzati e superficiali. La foto di un vulcano può facilmente collegarsi sia alla Ginestra leopardiana che alle eruzioni che a Lucrezio, ma è assai più complicato legare all’area scientifica altri documenti più specifici, si pensi ad esempio al famosissimo “Urlo” di Munch.
Obiettivi che dovrebbero appartenere al momento successivo, quello universitario, non possono ricadere sulla scuola media superiore, la quale peraltro da molto tempo ha perso una sua precipua finalità educativa e soprattutto didattica diventando sempre di più un’estensione della scuola media nel biennio e un’anticipazione dell’ateneo nei triennio, specie nell’ultimo anno.
La tendenza a considerare il liceo un momento propedeutico a qualcos’altro crea nei ragazzi una demotivazione che li fa sottovalutare ciò che si studia, ciò che si deve sapere. Con esiti poi inevitabilmente deludenti.
Se vogliamo l’interdisciplinarità dobbiamo prima costruire le basi disciplinari: ma chi ascolta i professori?
Patrizia Esposito
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