Sta destando polemiche raffica la Nota Miur n. 2197 sulle modalità generali di svolgimento dell’esame di maturità 2020.
Detto dei requisiti indispensabili ai fini dell’ammissione della frequenza scolastica minima (il 75% delle ore annue complessive) e del profitto , e oltre alle annunciate modifiche sulla cancellazione delle tre buste all’orale, volute dal ministro uscente Marco Bussetti, e la reintroduzione dell’esame di Storia come traccia autonoma (tipologia B) del primo scritto, le novità introdotte riguardano anche altri ambiti. In particolare, l’aver sostenuto le prove Invalsi – di italiano, matematica e inglese – durante l’ultimo anno scolastico (a prescindere dal risultato ottenuto) e l’avere svolto le ore previste nel triennio finale di alternanza scuola lavoro, oggi denominate “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”.
Per quanto riguarda le prove Invalsi di quinta superiore, da svolgere nella prossima primavera in date prefissate del Miur, l’obbligatorietà era già previsto dal decreto legislativo n. 62 sulla revisione degli esami di Stato del 2017 introdotta dalla Legge 107/15.
Solo che sempre l’ex ministro dell’Istruzione Marco Bussetti aveva deciso di rinviarne l’obbligo di un anno. E ora, quindi, si è solo deciso di non optare per ulteriori rinvii.
Lo scorso anno scolastico, l’adesione alle prove Invalsi di quinta superiore è stato alto, pari ad oltre il 96 per cento, anche se la prova non era obbligatoria per partecipare alla maturità.
Nell’anno corrente, i primi studenti che saranno alle prese con le prove Invalsi 2020 saranno proprio gli alunni di quinta superiore che dovranno affrontarle dal 2 al 31 marzo 2020. Chiuderanno invece la stagione dei test Invalsi 2020 i ragazzi di seconda superiore che avranno come ultimo giorno disponibile per poterle svolgere il prossimo 23 maggio.
A non prendere bene il mancato rinvio è stata l’Unione degli Studenti, che chiede il ritiro della circolare ministeriale sull’Esame di Stato: “Siamo totalmente contrari all’obbligo di alternanza e Invalsi per l’ammissione, pronti a scendere in piazza”, ha detto Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale chiedendo anche che “Fioramonti ritiri subito la circolare”, perchè “l’obbligo è del tutto ingiusto e inutile. È una scelta antidemocratica che va contro tutte le rivendicazioni degli studenti sull’Esame di Stato”.
“Le prove Invalsi non hanno alcuna utilità per valutare le nostre conoscenze, come denunciamo da anni insieme ad un’ampia parte della comunità scientifica internazionale”.
Per l’Unione degli studenti è sbagliato anche introdurre l’obbligatorietà delle ore svolte in azienda: “i Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (l’ex alternanza scuola-lavoro) rischieranno di essere incompatibili con un buon esame di Stato perché non sono condivise con le rappresentanze studentesche e spesso risultano del tutto inutili per la nostra formazione”, ha detto ancora Biazzo.
Quindi, se la circolare sarà confermata “scenderemo in piazza in tutta Italia contro questa ennesima riforma che non rispetta i diritti e la formazione degli studenti!”, ha concluso Biazzo.
Di diverso avviso sono i presidi. Antonello Giannelli, presidente Anp ha preso atto “con soddisfazione della messa a regime degli Esami di Stato in attuazione della riforma prevista dal decreto legislativo 62/2017”.
“Per quanto riguarda la reintroduzione della traccia di ambito storico, si tratta sicuramente di un fatto positivo – ha detto Giannelli – alla luce delle numerose osservazioni formulate dai sostenitori della stessa, anche se ricordiamo che in passato questa traccia veniva svolta soltanto dall’1% dei candidati”.
Il sindacalista non ha ritenuto positiva, invece, “l’eliminazione dal colloquio del meccanismo delle buste, in quanto esse garantivano al massimo la parità di trattamento tra gli studenti. Concludendo, trovo positivo che non si sia proceduto a un ulteriore stravolgimento del format degli Esami. Gli studenti possono stare tranquilli: naturalmente devono studiare ma, ricordo, le percentuali di superamento degli esami sfiorano il 100%”.
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