Il curriculum dello studente è al centro di un dibattito nell’ambito del quale si contesta la possibilità che esperienze apprenditive a pagamento e di carattere privato quali viaggi all’estero, certificazioni informatiche o linguistiche, contest sportivi o altro, possano far parte del colloquio dell’esame di maturità 2021 e incidere in qualche modo sulla valutazione. La principale accusa, dunque, è di classismo, ma c’è anche chi difende lo strumento. Una questione che rischia di polarizzarsi, quando andrebbe invece vista nella sua complessità, nei suoi pro e contro, fuori da schemi ideologici.
La sottosegretaria Barbara Floridia, come abbiamo riferito, è intervenuta sul tema chiarendo: “E’ opportuno fare chiarezza su un punto: il Curriculum dello studente non fa punteggio in alcun modo. Trovo ad ogni modo corretto che si vada verso una rimodulazione di questo strumento“. E ha aggiunto: “Non possiamo invece consentire l’ingresso di attività svolte privatamente e dunque a pagamento, perché questo rappresenterebbe una discriminazione verso chi non può permetterselo“.
Un tema nato settimane fa, quando, ad esempio, Tomaso Montanari ad aprile scorso su Il Fatto Quotidiano, dichiarava sin dal titolo: “Con Bianchi alla scuola si premia chi è più ricco”, e precisava nel contempo: “Non è un’idea del Ministro Bianchi, era una delle innovazioni contenute nella Buona Scuola di Renzi, per fortuna finora lasciata inattuata da ministri con un residuo di consapevolezza della missione della scuola della Repubblica e della Costituzione, ma l’economista ferrarese ha rotto gli indugi.”
Una scuola, quella contenuta nella visione dei Curriculum dello studente, che “deve servire non a formare cittadini – sostiene ancora Montanari – e prima persone umane, ma a piazzare capitale umano nel mercato del lavoro”. Parole molto dure, quelle del giornalista del Fatto, che parla di “abisso di disuguaglianza economica, sociale e culturale”; e di un cambiamento che ci ha condotto da “una scuola in grembiule, solennemente egualitaria, a un’esibizione della ricchezza sollecitata dal Ministero”.
Una voce alla quale si è aggiunta poco dopo, sul Corriere della Sera, quella di Ernesto Galli della Loggia, che definisce classista il Curriculum dello Studente, e in tale classismo riconosce un “aspetto particolarmente odioso” del documento.
Di recente, anche il presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio dice la sua sul Curriculum dello studente, e dichiara: “suscita qualche giusta preoccupazione; c’è qualche problema nel rischio di diseguaglianza, di favorire i più ricchi, che possono mandare i figli all’estero.” E tuttavia ammette: “Difficile pronunciarsi per sentito dire, dovrei studiare bene, cosa che non ho fatto”.
In difesa del nuovo strumento, invece, Annamaria Poggi, preside della Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Torino e presidente della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo interviene sul portale web Il sussidiario. “Il Ministro dovrebbe chiarire non solo al Presidente della Corte ma a tutti il perché chiedere che lo studente (e la scuola) compilino un curriculum contenente informazioni sulle attività extrascolastiche non produce disuguaglianza tra gli studenti, ma costituisce (dovrebbe costituire) una modalità di aiuto allo studente stesso (parliamo di ragazzi di 17-18 anni!) per mettersi in relazione con se stesso (la percezione di ciò che fa e che non fa) e con il mondo,” afferma Annamaria Poggi. E sull’importanza delle competenze informali per la costruzione della personalità dello studente, dichiara: “Abbiamo bisogno, su questo tema ma in generale su quelli che riguardano la scuola e il futuro delle giovani generazioni, di dibattiti aperti e franchi, non di slogans e di allusioni, che non portano alcun costrutto ed anzi generano sospetti e conflittualità”.
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