I pregiudizi sono duri a morire, anzitutto nel mondo della scuola: e questo è paradossale.
Paradossale per il solo fatto che il mondo della formazione dovrebbe (meglio usare il condizionale) essere il cuore del pensiero critico. Nel senso di palestra di esercizio dell’intelligenza di contro alle opinioni, all’apparire, al tutto e subito, all’immediato.
Sulla grande stampa, tanto per intenderci, come sulle trasmissioni tv che hanno parlato di questi esami di maturità, ci si è limitati a ricordare solo i licei, con in primo piano l’indirizzo classico, mentre, come è noto, gli studenti che frequentano i licei sono la metà del totale.
Il pregiudizio sta dunque nel considerare solo i profili liceali come meritevoli di attenzione, pretendendo che solo le materie liceali siano di per sé formative, lasciando ai margini le materie tecniche e laboratoriali. Mentre, come sanno coloro che le praticano, e come capiranno gli stessi studenti liceali una volta avviati nel mondo del lavoro, tutte le discipline, se fatte bene, hanno una caratura culturale a tutto tondo. Dipende sempre da come vengono presentate, sviluppate, pensate; dipende cioè da chi le insegna e dagli studenti che le seguono.
In poche parole, le materie tecniche non sono un cumulo di mere nozioni, ma questo rilievo vale per tutte le materie.
In seconda battuta, quel vecchio pregiudizio non riconosce la pari dignità di tutte le forme di intelligenza. E l’intelligenza non è solo teorica, come ben sappiamo.
C’è, nella storia della formazione, chi ha parlato di “mente, cuore, mano”. Sì, anche la mano, pensando all’intelligenza che vediamo ogni giorno nei vari mondi del lavoro. Quante sono le forme di intelligenza?
Pensiamo qui alla proposta di uno studioso come Howard Gardner: ha parlato di intelligenza linguistico-verbale, logico-matematica, intrapersonale, interpersonale, musicale, naturalistica, visivo-spaziale, corporeo-cinestetica, filosofico-esistenziale.
Ma, lo sappiamo, è difficile citare le tante facce del nostro pensiero pensante, che si fa nello stesso tempo emozione, relazione, spirito critico, logica della non-contraddizione, intuizione estetica, sensibilità spirituale, e così via. Insomma, è difficile, tante volte, dare un nome ai nostri modi di essere.
Da parte mia, cresciuto in un contesto di intelligenza delle mani, anche se la vita mi ha portato su sentieri diversi, non mi sono mai sognato di ritenere che la versione di un testo antico o la soluzione di un teorema matematico fossero più importanti dell’abilità di un nostro artigiano, o del sapere fare un innesto in un albero da frutto, o fare una revisione di un vecchio motorino.
Resta infine la domanda centrale: cosa rende intelligente, o aperto alla ricerca del vero, del buono e del bello, una competenza, una capacità? Rispolverando i classici, mi verrebbe da dire: non limitarsi alle nozioni o informazioni fine a se stesse. Ma cercare la ragione per cui l’idea di fondo, compreso il percorso argomentativo, ha poi prodotto una informazione. La ragion per cui: il cuore visibile della qualità della scuola.
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