I lettori ci scrivono

Maturità 2023, il deficit didattico da Dad non è stato riassorbito. Orali? Un teatrino

Con l’esame di maturità 2023, le cose sono ritornate nella norma? Tutto risolto il debito col Covid? Noi abbiamo impattato con una classe Quinta, relegata in Dad in seconda e terza. Saranno tutti promossi perché da sempre l’apprendimento va avanti per verifiche e prestazioni, non per processi. I punteggi servono anche per far quadrare i conti dei più deboli. Non ci si può permettere di fermare uno studente in Quinta dopo l’ammissione. E’ un contro senso. 

Ora i ministeriali ritengono che il deficit didattico e di apprendimento in Dad sia già stato assorbito. Ma è del tutto evidente che ci vogliono più anni per farlo. In un anno non può tornare tutto come prima, con un esame di “prima” già discutibile. A scuola gioca ancora il trauma del lockdown e accade a maggior ragione fra i ragazzi che per gli adulti. 

Con le sopravvenute crisi economiche familiari, di relazioni e di sicurezza individuale, non si nota ovunque gente sfiduciata o aggressiva nel post-Covid? C’è chi abusa di Xanax e chi salta sù per un nonnulla carico di livore. Sono condotte pubbliche plateali, indice di insicurezza collettiva.   

I giovani non hanno resettato tutto. Passino gli scritti di maturità, ma qualcuno ha forse assistito al teatrino degli orali? Da una immagine proiettata, collegare con lo scibile umano tutte le discipline, e magari pretenderne approfondimenti per ognuna di esse. Viceversa lasciar cadere il discorso in un enciclopedismo da Bignami. E poi ecco educazione civica! E poi ancora le slide sulle attività pratiche (qualche studente osa criticarle in commissione d’esame?) E poi la discussione (sic, un balbettio) sui compiti svolti!  

Noi dubitiamo della lucidità di chi si sia inventato questa formula. Che forse abbia scambiato la prova orale per un giochetto di associazioni mentali per l’infanzia, come Gog e Magog, o roba simile ai puzzle. Se la democrazia viene dal basso, prima di cambiare dall’alto formule d’esame ogni tre anni, la burocrazia dia la parola a studenti e docenti, a chi lavora sul campo. Molto meno ne sanno anche i dirigenti, che da tempo hanno perso i contatti con la didattica.. Noi docenti siamo qui, ci riteniamo intellettuali e non soldatini. Possiamo una buona volta dire la nostra? 

Livio Braida

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