Grande dibattito, come è giusto, nel mondo della scuola sulle valutazioni, dopo il decreto legge del 6 aprile e dopo l’ordinanza appena uscita sugli esami di Stato.
In particolare per questi ultimi, troviamo da un lato, sempre nell’ordinanza, che tra i commissari da nominare dal consiglio di classe, devono essere presenti i titolari delle due prove scritte, in un complesso di nomine che deve rispettare le aree culturali.
Altro modo per dire anzitutto che ancora non sappiamo come sarà l’esame di Stato, ed in seconda battuta che l’esame dovrà essere considerato un momento serio, da prendere sul serio.
Del resto, mai come in questo caso in gioco non può essere l’esito finale, viste le statistiche degli anni precedenti, quasi del 99%.
L’unica vera differenza è che non vi è, quest’anno, il vaglio preliminare, nei termini di ammissione all’esame, da parte del consiglio di classe.
Il quale, in una volta sola, dovrà valutare tutto il percorso, ma senza possibilità di un esito negativo.
Sappiamo bene la ragione del “tutti promossi”: situazioni diverse, con difficoltà diverse, con qualità diverse della DaD, per cui, per non rischiare infiniti ricorsi, era inevitabile la decisione che è stata presa del “tutti promossi”.
Resta dunque il dilemma di quale forma assumerà l’esame.
Perché, come sembra assodato, non si ritornerà in classe il 18 maggio, allora sarà inevitabile l’unica prova orale, del colloquio finale cioè come unico test ed unica possibilità di valutazione.
La quale, ovviamente, terrà conto di tutto il percorso, visto che sono e saranno gli stessi docenti del consiglio di classe a valutare.
Se, considerate le norme, cioè anzitutto la distanza da rispettare, è di fatto impossibile pensare a prove scritte in istituto, cioè nei corridoi e nelle palestre, invece è possibile, anzi è auspicabile che gli orali si possano/debbano tenere a scuola, date tutte le garanzie richieste.
Sappiamo infatti che i candidati ogni anno vengono convocati in giorni ed ore prestabilite, per cui il rischio di assembramento è escluso, e i componenti delle commissioni, sette in tutto, possono disporsi in modo adeguato nelle aule.
La ragione di questo auspicio è un’altra.
Riguarda il valore più psicologico che selettivo, dal 1969 ad oggi, degli esami di maturità.
Perché, come rito di passaggio, certificano nei nostri giovani la fine dell’adolescenza, via libera per le scelte che davvero segneranno il loro futuro.
Fare l’orale a scuola non è lo stesso che farlo con Skype o Meet o altre piattaforme.
L’orale è l’ultimo atto di una vita vissuta per cinque anni in una scuola, in un istituto, in una comunità, in un contesto, in precise aule e palestre e corridoi e giardini.
L’ultimo atto d’esame, dunque, nella propria scuola, valore simbolico essenziale, che verrà ricordato per tutta la vita.