Si allarga la forbice sull’abbandono scolastico: mentre ci sono regioni del Nord che rispondono alle richieste formulate dall’Europa di non superare il 10 per cento di adii alla scuola prima della maturità, altre, al Sud, continuano a collocarsi tra il 20 e il 30 per cento. La “classifica”, che evidenzia il forte divario, è stata realizzata qualche giorno fa dall’istituto Invalsi e ripresa il 2 dicembre dal Sole 24 Ore.
Chi rappresenta al meglio questo fenomeno, mostrando segnali evidenti di riduzione della dispersione scolastica, sono le province di Trento e Bolzano. Ma anche il Veneto, dove la percentuale è attorno a quel 10 per cento che l’Unione Europea ha indicato come limite massimo da raggiungere entro la fine del 2020.
“Il sistema scolastico veneto – dice con soddisfazione il governatore Luca Zaia – si posiziona ai primissimi posti nell’ultimo rapporto nazionale sulla dispersione scolastica, meglio della provincia autonoma di Bolzano e della Lombardia. In Italia due studenti su 10 non arrivano al diploma perché lasciano i banchi prima del tempo. In Veneto la percentuale è dimezzata, 1 su dieci. Meglio di noi solo la provincia di Trento, con il 9,6 dei giovani che abbandonano la scuola o perdono più di un anno”.
Quello conseguito, sempre secondo Zaia, è “un buon risultato per il Veneto, tutt’altro che scontato, visto che storicamente siamo stati una regione contadina e manifatturiera, con il minor tasso di laureati e di diplomati in rapporto alle altre regioni europee”.
“Se oggi il Veneto registra contemporaneamente il minor tasso di dispersione scolastica e la più bassa percentuale di disoccupazione giovanile – prosegue – significa che scuola, istituzioni e mondo del lavoro hanno saputo costruire una sana alleanza e lavorare al meglio per accompagnare ragazzi e famiglie nel percorso di orientamento e di scelta, tenendo conto delle attitudini dei ragazzi ma anche delle richieste del mondo del lavoro”.
Nelle parole di Zaia c’è una grande verità: le istituzioni e le aziende venete operano assieme alla scuola per la crescita formativa e lavorativa dei giovani. Mentre questo non avviene altrove.
Solo che il governatore del Veneto si ferma lì. Del resto le sue competenze si limitano ai confini della regione per la quale opera.
E le altre? Cosa si può fare per migliorare le cose in province meridionali, ad iniziare da quelle siciliane, come Palermo o Caltanissetta, dove la media di mancato conseguimento dalla maturità è di uno studente ogni tre?
Sicuramente, occorre uno sforzo per creare quella connessione, quel connubio, esistente in Veneto, ma anche in altre regioni del Nord, come il Friuli Venezia Giulia ed in parte la Lombardia, che lega a doppio filo gli istituti scolastici con mondo del lavoro e agenzie socio-culturali del posto.
Lo sforzo, però, non si può chiedere ai diretti interessati. Sia perché non sono presenti, sia perché quando ci sono devono agire in emergenza, vivendo alla giornata, e non potendosi in queste condizioni fare carico di seguire le nuove generazioni.
Lo sforzo deve partire dall’alto: da chi governa il Paese. Con sostegni normativi ed economici ad hoc. Che vanno prima di tutto a creare opportunità di lavoro e di sviluppo territoriale. E poi agiscono sulla formazione, migliorando l’orientamento, soprattutto dopo la scuola media, e sui momenti di contatto con gli esperti del lavoro.
Altrimenti, senza interventi pesanti, la forbice Nord-Sud è destinata ad allargarsi ancora.
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