Continuare ad affrontare problemi nuovi con pratiche desuete potrebbe non essere efficace.
Sperimentare la resilienza potrebbe voler dire creatività, coraggio, fantasia, immaginazione vivace e costruttiva.
In poche ore il nostro sistema scolastico viene stravolto. Passiamo senza soluzione di continuità da una didattica tradizionale al virtuale senza strumenti e formazione idonee e, soprattutto, senza alcun obiettivo condiviso. Forse non ce ne è stato il tempo…o forse solo non se ne è ravvista la priorità.
Bisognava partire, anche senza armi, equipaggio e senza una meta, se non un flebile accenno al buon senso.
E il buon senso irrompe sul palcoscenico dell’emergenza cooptando il corpo docente tutto a mettere in piedi un sistema, quello della didattica a distanza, pronto a sopperire un vuoto altrimenti incolmabile. L’impalcatura viene realizzata in tempi eccezionali, seppur con velocità diverse rispetto ai singoli contesti territoriali, grazie solo alla dedizione e al senso di responsabilità dei suoi protagonisti.
Tutti noi abbiamo accolto questo nuovo strumento per garantire ai nostri ragazzi quanto meno una parvenza di continuità alla quotidianità, per tenere viva ancora una condizione di umana ordinarietà, per tenerci uniti in un abbraccio corale e solidale quanto mai essenziale, per cercare di sostenere gli animi, soprattutto quelli più fragili, perché nessuno fosse lasciato solo.
Il bilancio di queste due prime settimane di didattica a distanza, tuttavia, non è tra i più sorridenti.
L’utilizzo del nuovo strumento ha dato inizio ad una corsa forsennata e performante senza precedenti: orari di lezione online congrue a quelle ordinarie, piattaforme inondate di materiale didattico di ogni sorta, di suggerimenti a video lezioni o canali multimediali appositi per la didattica, programmazioni di verifiche ed interrogazioni..
Nel passaggio al virtuale non abbiamo fatto altro che innestare un modus operandi consueto in un ambiente speciale e innovativo.
I ragazzi sono stremati, smarriti e impantanati e noi docenti sentiamo venir meno la lucidità e la serenità di cui assolutamente necessitiamo per andare avanti.
Perché ad essere stati lasciati soli siamo stati noi persone/docenti, spossati da lunghe dure ore di lavoro senza sosta trascorse a cercare di dipanare tutte le insidie tecnologiche che via via si manifestavano, (è noto che le piattaforme spesso utilizzate non sono specifiche per l’utilizzo, ma prese in prestito da altri contesti) e troppo spesso “incoraggiati“ da dirigenti minatori e coercitivi, troppo impegnati a dare risposte tempestive alle indicazioni ministeriali, da ignorare del tutto la straordinarietà dei tempi.
A nessuno è venuto in mente, per esempio, che siamo un esercito composto principalmente da donne, da madri, sigillate in casa con i propri figli, bisognosi di cure e attenzioni ancor più speciali, se è possibile, in ambienti spesso cosi piccoli da non garantire neanche uno spazio d’aria minimo sindacale ad ogni componente.
Ancora un problema di genere e di classe.
Da qualche giorno è stato dichiarato che l’esame ci sarà e sarà serio. E piuttosto che una buona novella, l’annuncio rimbomba quasi come una minaccia, l’ultima saetta. Perché pensare di perseguire gli stessi obiettivi senza considerare tutti i limiti del percorso è evidentemente insostenibile.
E non sono gli strumenti tecnologici (device o connessioni) i limiti maggiori ad inficiare i nostri sforzi, quanto i contenuti e le abilità rinnovate e necessarie da mettere in atto. Non è facile fare didattica a distanza se si è abituati a condividere il calore degli alunni e ancor meno se non si hanno competenze idonee a rendere accattivante lo strumento. E di questo, sicuramente, non possiamo rendercene singolarmente responsabili.
Arrancheremo perché i nostri studenti possano in tutta serenità confrontarsi con un “esame serio”.
Ora che sembra chiaro che non ritorneremo presto a scuola diventa impellente condividere nuovi obiettivi e provare, magari, a sperimentare percorsi innovativi.
Si potrebbe pensare, per esempio, di attivare dei percorsi comuni per la promozione delle competenze chiave di cittadinanza, mai così impellenti. Si potrebbero, per esempio, immaginare contenuti ad hoc, su queste e altre tematiche, realizzati da esperti della comunicazione e della didattica in onda sulle reti statali, fruibili da tutti e per ogni fascia di età…una sorta di maestro Manzi che ci supporti ad imparare ad imparare, a collaborare e partecipare, a risolvere problemi…
Questo e tanto altro potremmo provare a sperimentare insieme!
Non ingabbiateci…Siamo già reclusi!
Sarà ancora lunga e vogliamo uscirne migliorati!
Claudia Zaccaria
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