Mancano poco più di 50 giorni al 17 giugno, data di inizio dell’esame di maturità, e ancora al ministero decidono di non decidere. Nell’intervento alla Camera del 22 aprile, la ministra Azzolina “auspica” di “svolgere almeno l’orale in presenza, nelle giuste condizioni di sicurezza per la salute di tutti”.
Non sappiamo quali siano i motivi o i timori che spingono all’indecisione, ma ormai gli elementi per dire finalmente ai 500mila maturandi come si svolgerà l’esame finale di quest’anno scolastico travagliato ci sono tutti.
Le condizioni di sicurezza in presenza non ci potranno essere, e bisogna organizzarsi per l’esame a distanza in videoconferenza. Le ragioni sono di tutta evidenza.
Primo. Le varie regioni italiane non usciranno dall’emergenza contemporaneamente, per Lombardia e Marche si parla di fine giugno, tanto che è allo studio del governo una fase due differenziata per regioni. Ergo, se l’esame è nazionale e contemporaneo sul territorio, è lampante che non si può fare in presenza.
Secondo. Dicono gli esperti che, nei prossimi mesi, bisognerà comunque tenere alta la guardia ed essere molto prudenti. “Piccoli focolai epidemici” possono riesplodere in qualsiasi momento, anche estivo.
Terzo. L’esame di stato con la presenza fisica degli studenti, pur scaglionati e distanziati, e delle commissioni al completo, è un grosso rischio. Basta un solo contagiato per far saltare una commissione, una classe o più classi, per l’esigenza della quarantena obbligatoria di tutti i contatti. Insomma addio esame. Non è che si possa semplicemente sostituire un eventuale contagiato.
Perche tante esitazioni a organizzare l’esame con solo colloquio orale a distanza?
C’è il modello già sperimentato con successo dalle università che stanno laureando gli studenti online. Basterebbe articolare il colloquio in maniera più corposa e rimodulare il punteggio, come già prevede il Decreto Scuola 22/2020. Basterebbe dire con chiarezza cosa si valuterà (il curricolo, il credito maturato, il percorso fatto negli ultimi tre anni riguardo all’apprendimento e all’atteggiamento) e come si valuterà per garantire a tutti criteri di serietà ed equità.
Invece di comunicare certezze su questi aspetti cruciali che tutti attendono, si preferisce differire la decisione fino a maggio inoltrato.
È corretto lasciare tutti nell’attesa fino alla vigilia del fatico esame?
L’impressione è che il governo al suo interno sia diviso e che la ministra non abbia la forza di prendere una decisione in autonomia. Nell’interrogazione presentata alla Camera da Italia Viva si dice chiaramente che altri “Paesi europei e non, anche duramente colpiti dalla pandemia, hanno iniziato da tempo a pianificare la riapertura delle scuole ed una graduale ripresa delle lezioni a partire dal mese di maggio 2020” e che “senza una graduale riapertura delle scuole non sarà possibile garantire la ripresa delle attività per tutti i lavoratori, in particolare se hanno figli piccoli”.
È un problema chiaramente, che va affrontato in maniera coordinata con altri ministeri. Ma è impensabile, nella situazione attuale, dare a tutt’oggi una risposta che non è una risposta, perché lascia ancora nell’incertezza studenti, famiglie e scuole. “L’orientamento è riprendere l’attività didattica in aula, ma solo quando il quadro epidemiologico lo consentirà, alle condizioni ragionevoli di sicurezza per tutti – dice la ministra Azzolina –
Quanto agli Esami di Stato del secondo ciclo, mi sono battuta fin dall’inizio dell’emergenza per salvaguardarli. L’Italia è, non a caso, tra i Paesi, in Europa, che hanno deciso di mantenerli e di non annullarli. Anche per questo, come ho già detto, auspico davvero che ci sia la possibilità, come anche tanti ragazzi ci stanno chiedendo, di svolgere almeno l’orale in presenza. Ovviamente nelle giuste condizioni di sicurezza per la salute di tutti”.
Quest’anno tutti avranno la possibilità di sostenere le prove, tenuto conto del periodo dell’emergenza, ma i crediti di accesso relativi alla classe V e il voto finale saranno comunque basati sull’impegno di tutto l’anno.
Il decreto indica, poi, una doppia possibilità.
Se i ragazzi potranno rientrare a scuola entro il 18 maggio, ci sarà un esame con commissione interna. La prima prova, Italiano, sarà preparata dal Ministero.
La seconda, quella diversa per ciascun indirizzo, sarà predisposta dalle commissioni. Poi ci sarà l’orale. Se non si rientra a scuola, è previsto il solo colloquio orale.
Resta ferma la necessità di raggiungere almeno il punteggio di 60/100 per ottenere il diploma.
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