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Maturità ridimensionata, non sarebbe meglio togliere l’esame di Stato?

All’Esame di Maturità del 2019 non ci sarà più la prova Invalsi, non ci sarà più il quizzone, non ci sarà più la tesina. Ci saranno solo il primo scritto, uguale per tutti gli indirizzi di studio, la seconda prova, che varia per la tipologia dell’indirizzo di studio prescelto e la prova orale.

Per la verità anche la prova orale viene annacquata perché i commissari – a detta del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca – potranno tranquillamente porre domande a piacere per mettere a proprio agio il candidato.

Non sarebbe meglio, visto il depauperamento dell’Esame di Maturità, toglierlo completamente e consegnare allo studente un certificato di frequenza delle attività al termine del ciclo di studi assieme alla scheda delle competenze raggiunte e acquisite? Sarebbe più onorevole fare ciò, anziché mantenere in vita un Esame di Maturità svuotato completamente nella sua architettura e nei suoi contenuti.

Un tempo sostenere l’Esame di Maturità era una prova che faceva venire i brividi, le palpitazioni, tremare le ginocchia davanti ad una Commissione composta dal Presidente e dai commissari tutti esterni che dovevano valutare il percorso di studi del quinquennio con programmi riferiti all’ultimo triennio.

Poi si è passati all’Esame di Maturità con una commissione mista formata per metà  da docenti della scuola dei candidati e metà esterni; poi si era pensato a commissioni formate da docenti tutti interni ad esclusione del Presidente.

Tuttavia per ora persiste la commissione mista, ma l’Esame di Maturità ha completamente perso la sua valenza e si sta trasformando in una semplice “passerella” davanti alla commissione che non deve svolgere il ruolo di docenti esaminatori, ma mettere a completo agio il candidato, facendogli passare le ansie, le paure, i tremori.

Di fronte a tanta semplificazione e parcellizzazione dell’Esame di Stato delle scuole superiori, cosa possiamo pretendere di più. Il trionfo della beata ignoranza? In un prossimo futuro non lontano sì e questo segna un ulteriore schiaffo alla considerazione sociale della figura dell’insegnante e della scuola come istituzione.

 

Mario Bocola

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